La laurea dei presidenti a Trieste, Pahor: «Caro amico Sergio Mattarella, mai più odio»
foto da Quotidiani locali
TRIESTE «Caro amico Sergio Mattarella, si dice che in politica non c’è spazio per l’amicizia, ma non è vero, tu sei un grande statista e un mio grande amico. Ho avuto fiducia in te nei momenti più difficili, ci siamo aiutati a vicenda e insieme abbiamo vinto. Grazie a te ho cominciato a credere che persino in politica c’è posto per la vera amicizia. Mi auguro che nel nostro mondo l’amicizia riesca a prevalere su risentimento e odio». Sono le parole che Borut Pahor, al termine della lectio magistralis letta in lingua slovena, ha voluto rivolgere, in italiano, a Mattarella, seguite dagli applausi scroscianti del pubblico, tutto in piedi.
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Amicizia sincera
Il doveroso formalismo della cerimonia e il lessico istituzionale hanno lasciato il posto a qualcos’altro: la sincera, semplice amicizia tra due uomini consapevoli di aver cementato, attraverso quel legame, anche il rapporto tra due popoli per troppo tempo divisi. Uno dei momenti più toccanti della cerimonia, a conclusione di un discorso, quello di Pahor, in cui proprio il concetto di amicizia, nella sua accezione più ampia, è stato più volte richiamato.
«Ricevere questo alto riconoscimento assieme all’amico, il Presidente Mattarella, conferisce all’occasione un’aura e una magia del tutto particolari» ha premesso Pahor, aggiungendo che «senza il suo fermo attaccamento ai valori che condividiamo, senza la sua ampiezza intellettuale e politica, senza la sua innata cordialità che ispira grande fiducia, le mie e le nostre conquiste non sarebbero state possibili».
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La storica stretta di mano
Pahor è quindi tornato allo storico 13 luglio 2020 considerato «dall’opinione pubblica slovena, italiana ed europea un evento politico eccezionale»: «Indubbiamente – ha sottolineato – per la restituzione del Narodni dom dopo cent’anni alla comunità slovena. E soprattutto per il simbolico omaggio dinanzi a entrambi i monumenti commemorativi. Questo atto non era dovuto.
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Anzi, era addirittura rischioso, andava contro pregiudizi saldamente radicati nelle due comunità nazionali. Per molti anni la maggior parte degli italiani è passata davanti al monumento ai quatto eroi (il cippo degli sloveni fucilati dai fascisti ndr) senza prestare la dovuta attenzione e ritenerli degni di ricordo. Per molti anni la maggior parte degli sloveni è passata davanti al monumento delle foibe senza prestargli la dovuta attenzione e ritenerlo degno di ricordo. Come fossero due verità storiche escludenti e inconciliabili».
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Un gesto commovente
«A fine luglio 2020 a Capodistria – ha raccontato Pahor – un ragazzo mi fermò e stringendomi la mano mi ringraziò per ciò che avevamo fatto con Mattarella. Il suo gesto mi commosse. Aveva 16 anni e faceva parte della comunità italiana. Fin dall’inizio abbiamo perseguito l’ideale di un comune futuro europeo. È meraviglioso che in così poco tempo si sia riusciti a tracciare in modo suggestivo un collegamento storico tra passato e futuro, rappresentato in modo eccellente dal progetto della capitale europea della Cultura 2025. Una grande opportunità di approfondimento del rispetto, della comprensione e dell’amicizia tra le due Gorizie, una città tra due nazioni, e per trasmettere il messaggio universale europeo di pace e convivenza».
Pace duratura
«Viviamo in un’epoca in cui il mondo sta cambiando, diventando multipolare» e «si pone la questione se saremo in grado di stabilire le nuove regole in modo pacifico – ha concluso Pahor –, senza incorrere in un conflitto di proporzioni globali. Tutto ciò che abbiamo fatto con Mattarella lo abbiamo fatto perché crediamo nella pace duratura, nel sacro dovere degli uomini di Stato di adoperarsi in suo favore. Come ci siamo confidati quando rientravamo a Roma e a Lubiana, quel 13 luglio, sentivamo un profondo senso di appagamento e soddisfazione. Grazie per aver voluto confermare a me e a tutte le persone pacifiche e democratiche di entrambe le nazioni, con questo riconoscimento, che, in questi tempi turbolenti per l’Europa e il mondo, abbiamo fede in un pacifico futuro comune».
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