Devetak, la locanda dove nel 2016 pranzarono i due Capi di Stato di Italia e Slovenia
Renato Devetak era nato nel 1933 all’ombra di San Michele del Carso, Vrh in sloveno, paesino allora parte dell’italiana Opacchiasella prima che la seconda metà del secolo facesse scivolare quel costato di collina di là della cortina di ferro.
Era cresciuto in anni in cui era insolito per un italiano e uno sloveno stringersi la mano e scambiarsi parole di amicizia, impensabile vederli innamorarsi o condividere un piatto di ravioli e un bicchiere di vino. La commozione di suo figlio Avguštin, detto Uštili, era quindi prevedibile quel 26 ottobre 2016, quando assieme alla moglie Gabriella si trovò a versare due calici di Sinefinis – una ribolla gialla prodotta da due viticoltori gemelli, Prinčič e Četrtič, italiano e sloveno – per i presidenti Sergio Mattarella e Borut Pahor, a Doberdò per svelare il monumento ai caduti sloveni sul fronte d’Isonzo.
Avevano scelto, per quel pranzo di riconciliazione, la storica locanda di proprietà della famiglia Devetak dal 1870, aperta dal patriarca “Ivan il vecchio” che non era uno chef stellato ma uno šuster, un calzolaio insomma. Ivan, antenato di Renato e Avguštin, voleva allietare l’attesa dei propri clienti offrendo loro una fetta di salame.
Ma sopravvissuta alla guerra e alle complessità del secolo, arrivato il giorno del pranzo dei due presidenti quella locanda a due colline dal confine era molto di più: una testimone di storia, una prelibatezza gastronomica. Era ed è, ad accogliere Mattarella e Pahor, soprattutto l’incontro tra due culture e una vicenda d’amore tra Avguštin e Gabriella, lui sloveno e lei italiana, raccontata – anche – nelle tre portate scelte per i due presidenti e servite dalle figlie Sara, Mihaela, Tatjana e Tjaša: ravioli ripieni di erbette carsoline, faraona con purè di patate, i “rafioi” con confettura su ricetta di nonna Žuta, madre di Renato. E un bicchiere di vino, prodotto in una vigna al di qua e al di là del confine.