Il rebus dei posti di lavoro alla Fiscatech di Cormons
CORMONS La vertenza sindacale si fa sempre più dura sul fronte della “Fiscatech”, l’azienda che, dopo anni di successi nel mondo delle calzature e della pelletteria, ha ampliato il proprio approccio ai campi della rilegatura, packaging di lusso, etichette e molto altro ancora, ma sta attraversando un periodo di forte appannamento.
Trasferimento a Cormons
Succede, infatti, che questa realtà produttiva ha deciso di chiudere la sede di Vigevano con il trasferimento di tutti e sessanta i dipendenti a Cormòns, dove l’azienda ha un’altra unità. Una decisione definita «inevitabile» dopo anni di ristrutturazioni aziendali, fatturati in calo e continui problemi di bilancio. Nella cittadina collinare, lo stabilimento attualmente operante è dedicato alla produzione di articoli tecnici in tessuto-non tessuto rivolti ai settori della cosmetica, della filtrazione dell’aria per l’automotive, dell’edilizia residenziale e dei rinforzi per pelletteria e calzatura. Ma la vertenza in terra lombarda è incalzante. I sindacati, già nei giorni passati, parlavano apertamente di “delocalizzazione in atto”.
Gli ultimi sviluppi
Oggi, gli ultimi sviluppi. Importanti. Che vengono resi noti dalla Provincia pavese. La proprietà della Fiscatech ha, infatti, rifiutato la strada della cassa integrazione per i sessanta dipendenti. Come spiega la Filctem-Cgil, i sindacati avevano proposto questo ammortizzatore sociale per i dipendenti che non possono trasferirsi a Cormòns. La cassa integrazione, infatti, avrebbe dato loro modo di arrivare a dicembre 2024 con uno stipendio, facendo dei corsi di riqualificazione utili per trovare un’altra occupazione. Ma l’azienda ha risposto picche perché, al termine di quel percorso, ci sarebbero come naturale conseguenza i licenziamenti collettivi.
In ogni caso, chi non accetterà il trasferimento in quel di Cormòns dovrà, per forza di cose, licenziarsi. «Ma questi lavoratori - la sottolineatura ulteriore della Filctem-Cgil - non è che non vanno nell’Isontino perché non vogliono, bensì perché non possono. Stiamo parlando di più di 400 chilometri di distanza».
Situazione tesa
C’è un altro dato che spiega come la situazione sia davvero molto tesa sotto il profilo sindacale. Sempre secondo le fonti delle forze sociali, si erano detti disponibili più o meno in 10 al trasferimento: uno su sei. «Ad oggi possiamo prevedere che, se le posizioni restano queste, non credo che arriveremo ad un accordo e quindi non firmeremo».
Da una parte ci sono le famiglie, dall’altra la prospettiva di un trasferimento che comporta un cambiamento della propria vita. E, così, si moltiplicano gli interrogativi sul futuro e sul perché tante persone dovrebbero sconvolgere la propria esistenza quella delle loro famiglie trasferendosi a centinaia di chilometri di distanza. Esisterebbe anche una scaletta ben scandita relativamente al “travaso”: i primi lavoratori per i quali verrebbe avviato il trasferimento, previsto per maggio, dovrebbero essere gli operai e i tecnici. Quindi, da settembre, sarebbe la volta del settore amministrativo.
RIPRODUZIONE RISERVATA