“Biden è presidente”, e gli ultrà di Trump assaltano Capitol Hill
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Dopo un comizio le milizie irrompono al Congresso: sparatorie e feriti. Evacuati i parlamentari e il vice Pence. Morta una manifestante
DALL’INVIATO A WASHINGTON. L’era di Trump finisce nella vergogna, con l’assalto al Congresso, il sangue, l’insurrezione nelle strade di Washington, e il coprifuoco nella capitale di quella che era un tempo la democrazia di riferimento per il mondo libero.
Alle undici di mattina il presidente parla alla manifestazione dei suoi sostenitori, dicendo che non concederà mai la sconfitta. Quindi chiede al vice Pence di violare la Costituzione, assegnando a lui la vittoria, durante la sessione in cui il Congresso doveva solo certificare il successo di Joe Biden il 3 novembre. Poco dopo Pence si rifiuta di obbedire, scrivendo ai parlamentari che non ha il potere di ignorare la volontà degli elettori. A quel punto però è tardi. Troppo a lungo la leadership repubblicana ha abbassato la testa, diventando complice degli abusi di Trump. Così ha lasciato via libera a lui, e agli estremisti più esagitati che lo appoggiano dall’inizio, da Charlottesville. Questi fanatici allora iniziano a marciare verso Capitol Hill, assalendo il Congresso.
La polizia non è pronta a una insurrezione e non riesce a fermarli. I manifestanti entrano nell’edificio più sacro della democrazia americana, costringendo i parlamentari ad interrompere la sessione che doveva certificare la vittoria di Biden. Lo stesso Pence viene scortato al sicuro, mentre deputati e senatori ricevono l’ordine di rifugiarsi nelle stanze del Parlamento. I leader del Congresso vengono portati in una base militare. Fuori si sentono le esplosioni dei lacrimogeni, usati dalla polizia per fermare l’insurrezione, mentre all’interno gli agenti sono costretti a puntare le pistole contro gli assalitori per impedire che attacchino i parlamentari. Una ragazza viene ferita in petto, e morirà - riferisce la Nbc - poche ore più tardi. La Fox News in serata dice che era una manifestante pro Trump. Aveva una bandiera pro Trump e dopo essere stata colpita è caduta a terra. Non è ancora stato chiarito chi abbia sparato.
Trump è rimasto a lungo chiuso nell’Ufficio Ovale, e invece di chiedere ai propri sostenitori di fermarsi, si è limitato ad un messaggio via Twitter per dare sostegno alla polizia. Il social network più tardi bloccherà i suoi retweet. Poi Trump mobilita la Guardia Nazionale. Le manifestazioni si estendono in molte città del Paese. Trump non indietreggia, nel tardo pomeriggio manda un messaggio poco conciliante. «Queste sono il genere di cose che succedono quando una sacra vittoria elettorale a valanga viene strappata in modo così sgarbato e maligno da grandi patrioti che sono stati trattati male e ingiustamente per così tanto tempo». Poi la “concessione” e l’invito ai suoi sostenitori «ad andare a casa in amore e in pace, ma ricordate questo giorno per sempre!».
La giornata politica del resto è cominciata con la definitiva disfatta del presidente, quando i ballottaggi per i due seggi senatoriali della Georgia si sono conclusi con la vittoria dei democratici Warnock e Ossoff. Dunque Trump ha perso Casa Bianca e Senato: un totale fallimento politico. Ma a Donald interessa solo sé stesso, anche se ciò significa sfruttare i propri sostenitori, per infangare la storia degli Usa, fomentando un’insurrezione. Si capisce parlando con loro in strada. «Ma perché perdi tempo con i giornalisti? Tanto li impiccheremo tutti». Urla un ragazzo che dice di chiamarsi Diggermore, e interviene per troncare la conversazione con un gruppo di ragazzi in mimetica. Impugna una bandiera con la scritta SOG. Nel gergo militare significa Special Operations Group, quindi il loro mito è il famigerato reparto segreto che conduceva operazioni clandestine in Vietnam. Sono venuti all’Ellipse, davanti alla Casa Bianca, per la manifestazione in cui Trump annuncia che «non ci arrenderemo».
La conversazione con i SOG era cominciata così: perché siete qui? «Difendere l’America». Non credete che Biden abbia vinto le elezioni? «Se ti dicessi che non hai le scarpe ai piedi, mi crederesti?». Ma ci sono state circa 60 cause nei tribunali, e neanche i giudici nominati dal presidente gli hanno dato ragione. Perché non accettate i verdetti? «Sono falsi. E tu faresti meglio a indagare sulla verità, invece di bere le menzogne». E se il Congresso confermerà la vittoria di Biden voi lo riconoscerete? «Mai, perché non ha vinto». E cosa farete? «Quello che molti altri patrioti hanno fatto prima di noi nella storia del nostro paese». La guerra civile? A questo punto interviene Diggermore, che suggerisce di risolvere la questione impiccando i giornalisti all’obelisco dell’Ellipse.
A pochi metri di distanza c’è un signore che mostra un cartello con su scritto "Italy Did It". Ma cosa c’entra l’Italia? Dice di chiamarsi Bob Both, e spiega: «Il governo italiano ha manipolato le macchine della compagnia Dominion per contare i voti, in modo da rubare le elezioni e far vincere Biden». E lei come lo sa? «L’ho sentito stamattina dall’avvocatessa di Trump Sydney Powell». E quindi viene qui con un cartello per dire che Roma ha imbrogliato Trump: «Perché no? Il presidente ha vinto, ogni mezzo è giustificato per difenderlo».
Passa un gruppo con la bandiera "WWG1WGA", Where We Go One We Go All, il motto dei seguaci di QAnon. Loro sono certi che Hillary Clinton beve il sangue dei bambini per ottenere l’eterna giovinezza, e quindi non accettano il suo amico Biden come presidente. Vicino c’è un altro uomo in mimetica, che dice di chiamarsi Will e di essere venuto dalla North Carolina, col gruppo dei Three Percenters. Questi estremisti sostengono che durante la rivoluzione per l’indipendenza da Londra solo il 3% degli americani impugnò le armi, e loro ne sono gli eredi. Gli chiedo come reagirà, se il Congresso certificherà la sconfitta di Trump, e la risposta è netta: «È meglio se non lo sai».
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Quando Trump sale sul palco, fomenta i fanatici: «Non ci arrenderemo mai. Non concederemo mai la vittoria a Biden. Avremmo un presidente illegittimo, non possiamo permetterlo. Non si ammette la sconfitta quando è un furto». Quindi scarica la pressione sul vice Pence: «Ho parlato con Mike. Se farà la cosa giustizia, vinceremo le elezioni. Deve solo rimandare il voto agli Stati, che vogliono ricertificarlo». In caso contrario, invita gli estremisti a riprendersi l’America. Pochi minuti dopo Pence lo delude, chiarendo che non ha intenzione di violare la Costituzione. L’era politica di Trump finisce qui. La lotta dei sostenitori irriducibili però continua, e sentite le parole di Donald, si sentono in diritto di scatenare la rivolta, assalire il Congresso, versare il sangue.
Quando scende la sera e il coprifuoco cala su Washington, il segretario di Stato, Mike Pompeo, definisce inaccettabile l’assalto al Campidoglio, mentre Nancy Pelosi convoca per la serata una plenaria fuori dal Congresso. E il manipolo di repubblicani che contesta la vittoria di Biden si raduna in privato per decidere il da farsi, se continuare o meno l’ostruzione. Ma sarebbe un grave errore, liquidare questa tragedia come la follia di tipi come Diggermore o Both. Oltre 70 milioni di americani hanno votato per Trump, e il Gop è complice. Se ora Biden e i repubblicani responsabili non riusciranno a separare i fanatici dalle persone normali, rischieranno di ritrovarsi presto davanti incubi anche peggiori.