Falsa eredità, via 160mila euro. Alla sbarra per le truffe in serie
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Insieme alla donna di 36 anni sono accusati dei raggiri anche i nonni 80enni. L’imputata in passato ha già patteggiato una condanna per lo stesso reato
PAVIA. Un’eredità da oltre 2,5 milioni di euro da incassare da un lontano parente in Svizzera. Inesistente, per l’accusa. Ma che è bastata come trucco per ingannare sei persone e farsi consegnare, a titolo di prestito, quasi 160mila euro con la scusa delle spese da affrontare per ottenere quel patrimonio. Di truffa devono rispondere Erika Alini, 36 anni, e i nonni Diego Bianchi, di 82 anni, e Francesca Grignani, di 80 anni. Anche i due anziani, secondo l’accusa, avrebbero avuto un ruolo nel raggiro. Per questo la procura ha chiesto per loro una condanna a un anno e 9 mesi, mentre per la nipote (recidiva) ha chiesto 4 anni e mezzo. La sentenza, davanti al giudice Luigi Riganti, è attesa per il 16 febbraio. Erika Alini aveva già patteggiato, a dicembre, una pena di 2 anni e 8 mesi per venti truffe messe a segno nei confronti di altrettante vittime. L’imputata si sarebbe spacciata per amica di bancari, imprenditrice e medico, riuscendo così a raggirare molte persone, commercianti e anche un concessionario di auto.
Il secondo filone
Questo secondo filone processuale (in cui le vittime sono rappresentate dagli avvocati Cristina Gabetta, Anna Cicala e Ricotti) nasce dall’unificazione di quattro diversi procedimenti, scaturiti dalle denunce dei malcapitati. Che sarebbero stati raggirati con una messinscena identica: un parente in Svizzera che muore, una eredità giacente da recuperare e prestiti per poter sostenere le spese della procedura e riuscire ad accaparrarsi il patrimonio.
In un caso i tre imputati (ma per un episodio è coinvolta una quarta persona, Aurelio Spiaggi, anche lui imputato), devono rispondere di avere raggirato madre e figlio, loro parenti, chiedendo 17mila euro in prestito e rassicurandoli che avrebbero ricevuto indietro la somma alla conclusione della procedura, una volta ottenuta l’eredità.
Per convincerli avrebbero esibito un documento, solo in apparenza proveniente da una banca, che attestava la presunta esecuzione del bonifico. Ma per altre due vittime (uno era stato collega di lavoro di Bianchi per tantissimi anni) l’importo del raggiro è molto più consistente, di 150mila euro. In questo caso le vittime non si sono costituite parte civile ma hanno fatto una causa davanti al giudice civile che ha riconosciuto il credito e disposto i pignoramenti, che però non hanno portato a un effettivo ristoro del danno subito. Per ottenere i prestiti gli imputati, secondo l’accusa, avrebbero fatto leva sul rapporto di fiducia con le vittime, quasi tutte parenti o amici o colleghi di lavoro.
L’intermediaria
Per un altro caso, in cui la vittima è rappresentata dall’avvocata Anna Cicala, Alini si sarebbe proposta come intermediaria per mettere in contatto la parte offesa con un avvocato, per risolvere la grana di una cartella esattoriale. Con questo trucco si sarebbe fatta consegnare 610 euro, senza di fatto avviare alcun procedimento. L’avvocato, infatti, era del tutto ignaro della pratica: lo ha scoperto la stessa vittima chiamandolo quando ha visto che la situazione della sua cartella esattoriale non si sbloccava. —