Autista assassinato, la confessione choc: «L’ho visto morire, poi ho dato una mano a nascondere il corpo». Sabato i due saranno sentiti dal Gip
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Gianluca Iacullo, 44 anni, crolla davanti agli inquirenti e accusa l’amico: «Eravamo in casa sua, ha cominciato a insultare e poi colpire Filippo»
PAVIA. «Vi racconto tutto, io c’ero. E l’ho visto morire». Gianluca Iacullo, il 44enne di Vigevano indagato insieme all’amico Michael Mangano per l’omicidio di Filippo Incarbone, è un fiume in piena davanti al magistrato. La sua confessione è il racconto choc di chi ha visto troppo, ha dato il suo contributo e vuole liberarsi di un peso. Forse pensa anche ai suoi anziani genitori, con cui abita in un alloggio alla periferia di Vigevano, vicino allo stadio. Dà la sua versione, con qualche tentennamento iniziale, rispondendo per oltre due ore alle domande del pm Paolo Mazza, che insieme al procuratore Mario Venditti indaga per omicidio e distruzione di cadavere.
Iacullo, con accanto l’avvocato Sabina Cabula, parla di quella sera di gennaio, la vigilia dell’Epifania, quando Filippo Incarbone, secondo la ricostruzione dell’accusa, è stato colpito con una mazzetta da muratore e ucciso, senza che potesse difendersi. «L’ho visto morire, poi ho aiutato Michael a trasportare il corpo fino alla riva del Ticino», ammette l’uomo.
Iacullo, in realtà, aveva già cominciato mercoledì sera a parlare con i carabinieri nella caserma di via Castellana a Vigevano, come possibile persona informata sui fatti dopo che una testimone oculare aveva visto lui e Mangano trasportare qualcosa verso il fiume, su una macchina che è poi risultata intestata proprio a Iacullo. Non appena però ha cominciato a fornire dettagli chiave per ricostruire il mistero dell’autista scomparso dalla sua casa di Vigevano da oltre un mese, la deposizione è stata sospesa. Per Iacullo è scattato il fermo e ieri pomeriggio in procura ha potuto continuare il suo interrogatorio, ma stavolta da indagato e quindi alla presenza di un difensore. Davanti al magistrato ha di fatto ribadito quanto già dichiarato ai carabinieri, fornendo però altri spunti e circostanze che ora dovranno essere verificate. Ha raccontato che quella notte di gennaio si trovava a casa di Mangano e che c’era anche Incarbone.
«C’è stata una discussione, Michael ha cominciato a insultare Filippo», ha spiegato Iacullo al magistrato. Al centro della lite, a quanto pare, c’era una questione di soldi, un debito non pagato dalla vittima. La situazione, secondo il racconto dell’indagato, è degenerata in fretta. Michael avrebbe impugnato un martello da muratore e con questo avrebbe colpito Incarbone. Una volta, poi forse un’altra. Fino a che, prosegue il racconto dell’indagato, «Filippo non si è mosso più». I due, poi, si sarebbero disfatti del corpo, trasportato con un’automobile, risultata intestata a Iacullo, fino alla riva del Ticino, in una zona nota come “Ramo delle streghe”, e lo avrebbero buttato in acqua.
Michael Mangano, invece, ha scelto il silenzio. È rimasto davanti alla porta del pm in attesa che l’amico finisse di parlare, a confrontarsi con il suo avvocato di fiducia, Fabio Santopietro di Vigevano. Avrebbe voluto rilasciare qualche dichiarazione, Mangano, ma poi ci ha ripensato. «Dobbiamo ancora vedere gli atti», si è limitato a dire il suo legale, all’uscita dell’ufficio della procura. Tra qualche giorno il suo cliente potrà raccontare anche la sua versione, nell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice, e difendersi dall’accusa di avere ucciso un uomo a sangue freddo. I due saranno interrogati dal gip di Pavia sabato mattina. —