Vaccini, la “prima” di Draghi al Consiglio europeo: basta scuse per le aziende inadempienti
Il premier italiano ha citato l’esempio di Regno Unito e Usa che tengono per loro i vaccini e ha invitato invitato l’Europa a fare altrettanto
Nessuna scusa. In modo particolare sotto emergenza. Ma soprattutto, accelerare. Spingere sull’acceleratore, perché per uscire dal tunnel esiste solo una strada (al momento) quella dei vaccini. Questa, dunque, la via che il premier Mario Draghi ha indicato per la sua “prima” al Consiglio europeo. Una riunione straordinaria -cinque ore in videoconferenza- dove si è discusso anche sui nodi del certificato digitale. Sulle indicazioni del premier si sono avvicinati anche altri leader europei, a partire dalla necessità di adottare un approccio più duro sul divieto di esportazioni di vaccini anti-Covid per le compagnie farmaceutiche che non rispettano gli impegni presi, «Non dovrebbero essere scusate», le parole pronunciate con sguardo fermo dal presidente del consiglio italiano.
L'Europa, dunque, è rimasta indietro e ora deve accelerare per uscire dall'angolo dove sembra essersi cacciata. Anche attraverso la possibilità, indicata da Draghi ai colleghi europei, di dare priorità alle prime dosi di vaccino alla luce dei dati incoraggianti della recente letteratura scientifica. Mentre a Bruxelles si fa il punto e si cerca di adottare una strategia comune che segni un cambio di passo, una svolta, a Roma inizia il percorso per la produzione «made in Italy» del vaccino, con il ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che riunisce attorno al tavolo il numero uno di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e il presidente dell'Aifa Giorgio Palù. Tante le incognite, tra queste i tempi lunghi, la scarsa presenza di bioreattori, la lista dei siti da «arruolare» per ingranare la marcia e finalmente accelerare. Sullo sfondo, poi, una questione decisiva, in cui l'Europa gioca un ruolo determinante: la possibilità di sospendere i brevetti sui vaccini per consentire a tutti, Italia compresa, di produrli.