Un anno dopo il contagio parla l'imprenditore vigevanese: «Paura di scoprirsi contagiato. E gli amici che non ci sono più»
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Vigevano, il racconto dell’imprenditore 51enne Pierandrea Rivolta. «Ho temuto per l’allora sindaco Sala e Ceffa, mi erano stati a contatto»
Un anno fa Pierandrea Rivolta, imprenditore 51enne, fu uno dei primissimi contagiati “ufficiali” dal Coronavirus a Vigevano. «Improvvisamente mi sono ritrovato con una febbre debole che non riuscivo a far passare e con forti dolori articolar.i – ricorda Rivolta – I sintomi maggiori li ho avuti nella notte tra domenica 23 e lunedì 24 febbraio dell’anno scorso. Poi in giornata ho fatto il tampone e ho scoperto di essere positivo. Me la sono cavata solo con questi pochi sintomi e ora posso dire di essere stato fortunato».
Pierandrea Rivolta decise anche di rendere pubblica la propria malattia qualche giorno dopo, dopo che le voci in città erano dilagate: soprattutto preoccupava una foto scattata poco prima a “Lineapelle”, allo stand dell’azienda tromellese “Alfa Prodotti”.
In quello scatto, infatti, Rivolta era insieme all’allora sindaco Andrea Sala e al vice (dell’epoca) Andrea Ceffa (che attualmente è primo cittadino di Vigevano - ndr). «Ho temuto per loro – prosegue Rivolta – come anche per la mia famiglia e per tutti coloro con cui sono venuto in contatto. D’altronde, nessuno si immaginava che dopo pochi giorni saremmo stati coinvolti in un lockdown nazionale».
L’imprenditore vigevanese fa parte del circolo “Selva Alta” che ha purtroppo contato diversi contagi e alcune vittime. Con una di queste Pierandrea Rivolta giocava a tennis.
«Ma Selva Alta non c’entra – spiega – Proprio il 23 febbraio un mio compagno di tennis ci aveva informato che era ricoverato in terapia intensiva per aver contratto la malattia. Come tutti ho avuto amici che si sono ammalati, anche coetanei, e altri che non ci sono più. Con il senno del poi, probabilmente, io sono stato contagiato da mia figlia che è tornata da scuola a inizio febbraio con un fortissimo e improvviso raffreddore». Anche fare un banale tampone un anno fa rischiava di diventare un’odissea. «L’ho fatto a Broni – dice Pierandrea Rivolta – proprio mentre stavano allestendo il tendone per queste diagnosi. Adesso sappiamo molto di più sul Covid-19, ma un anno fa la malattia mi aveva spaventato: in quei momenti non sai e non capisci cosa ti può succedere». Dopo la quarantena, però, Rivolta si è ritrovato direttamente in pieno lockdown.
«Questa situazione, così come il coronavirus, ha cambiato le nostre vite – conclude – Sono dell’idea che non sarebbe possibile una nuova serrata a livello nazionale. Probabilmente la gente si rifiuterebbe di rinchiudersi nuovamente in casa». —