«Ci saranno altri 20 mila morti entro giugno se non si contiene l’espansione del virus»
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La previsione del professore di Analisi dei dati che aveva previsto a dicembre il tragico record di decessi
Quota 100mila morti l’aveva prevista a dicembre. Giuseppe De Nicolao, 58 anni, docente di Analisi dei dati all'Università di Pavia, prima di Natale aveva pronosticato con precisione il tragico traguardo dei morti in Italia per Covid (centomila) e il periodo (marzo). «Se i numeri dei contagi continuano ad essere questi, complice anche la variante inglese, nei prossimi mesi ci saranno altri 20 mila morti. A meno di un altro lockdown generalizzato e una campagna di vaccini davvero efficace fra le categorie più fragili».
Professore, cosa ci aspetta nei prossimi mesi?
«La situazione attuale non è buona. I calcoli sono presto fatti: ogni mille nuovi positivi ci sono 20/25 decessi. E se consideriamo che andiamo verso i 20 mila contagi quotidiani, da qui a giugno ci saranno diverse migliaia di vittime ancora».
Quante?
«Se non si contiene in qualche modo la terza ondata, e la pandemia si stabilizza sui numeri attuali, piangeremo altre 20 mila morti ancora».
Numeri da brividi...
«Lo sono. Ma se non si abbassa il numero dei positivi stabilmente la strada è tracciata».
Oggi, a differenza di qualche mese fa, abbiamo a disposizione i vaccini però: abbiamo una carta in più da giocare?
«Non c'è dubbio. Ma, rispetto a prima, abbiamo anche dovuto fare i conti, e ancora li stiamo facendo, con le varianti del virus. A partire da quella inglese, ormai dominante. Inoltre la terza ondata è partita da numeri ben più alti rispetto alla cosiddetta seconda, che era arrivata a fine estate con cifre molto più contenute. Però sì, oggi abbiamo a disposizione un'arma potente come il vaccino. Ma l'unica risorsa vera, e a costo zero, che abbiamo è un'altra».
Vale a dire?
«Dobbiamo giocare d'anticipo contro il virus. Se non vogliamo più leggere numeri da brivido, bisogna far scendere i contagi sotto una soglia di sicurezza. E questo si può fare».
In che modo?
«E' impopolare dirlo e spetta alla politica farlo. Ma servono provvedimenti molto più energici di quelli adottati finora. E' chiaro che la zona gialla, o arancio rinforzato, non sono serviti se oggi parliamo ancora di 15/20 mila contagi al giorno. Serve coraggio e fermarsi, come hanno fatto nel Regno Unito e in Germania, in attesa che vengano vaccinate più persone possibili. E' una medicina amara, ma prima la prendi è meglio è. Non si possono prendere decisioni drastiche solo sull'onda dell'emozione provocata dal flusso di ambulanze davanti ai pronto soccorso intasati».
L'economia però non regge più l'impatto della pandemia
«Non credo che aperture a singhiozzo, chiusure senza preavviso, attività ridotte cambi qualcosa. E' uno stillicidio, alla fine, che non porta comunque benefici».
Torniamo ai numeri: come si fa a farli scendere stabilmente secondo lei?
«Rispondo con la favola della cicala e la formica. Cioè, o continuiamo a far salire fino al limite le terapie intensive prima di prendere provvedimenti, o facciamo il sacrificio di mantenere il più basso possibile il rischio sempre, fino a quando la circolazione sarà sotto controllo. Il concetto è che bisogna far scendere il numero di contagi e decessi, e di tanto anche. Si devono mettere da parte tante, tantissime riserve, per tornare alla storia della formica. Ma questo implica duro lavoro. Tradotto nella realtà, scelte impopolari».
Pessimista o ottimista?
«Io mi baso su osservazione e numeri, non sensazioni. A parità di circolazione dei virus, vaccinando le categorie più a rischio a partire dalle persone anziane, e soprattutto senza allentare la presa, la situazione può migliorare. Marzo e aprile saranno decisivi. Ci giochiamo molto in questi due mesi. Attenzione, però: questo non vuol dire abbassare la guardia, perchè il virus circolerà ancora. Pronto, come sempre, a sfruttare ogni minima occasione per colpire». —