Ghinaglia prima vittima del fascismo pavese cento anni fa. Un giovane ghislieriano amato dal popolo
Convegno al collegio che lo ospitò come studente. A 22 anni segretario del Pci: ucciso da un gruppo rimasto impunito
A cent’anni dalla morte, avvenuta tragicamente esattamente cento anni fa, il 21 aprile 1921 in Borgo, a Pavia, nel piazzale che ora reca il suo nome (e dove un monumento ricorda il suo sacrificio), omicidio politico rimasto impunito, nonostante le indagini e gli arresti negli ambienti degli studenti universitari, ma di chiara matrice fascista, la figura di Ferruccio Ghinaglia sarà ricordata oggi con il convegno «1921: riforme, rivoluzione, guerra civile. Ferruccio Ghinaglia e il suo tempo», a cura di Elisa Signori, docente di Storia contemporanea del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Pavia.
Dalle 9,30 il confronto tra gli storici sulla piattaforma Zoom: interverranno, oltre a Elisa Signori, con «Ferruccio Ghinaglia, uno studente nel mirino del fascismo», Marcello Flores (Università di Siena), con «Guerra e rivoluzione: socialisti e comunisti in Italia»; Giulia Albanese (Università di Padova), con «Politica e violenza alle origini del fascismo»; Nicola Del Corno (Università di Milano), con «Fra dopoguerra, fascismo e comunismo: l’utopia riformista dei giovani socialisti di Libertà!»; Luca Gorgolini (Università di San Marino), con «I giovani rivoluzionari e la guerra civile»; Pierangelo Lombardi (Università di Pavia), con «Fascismo pavese e paradigma lomellino»; conclusioni di Paolo Pombeni, dell’Università di Bologna.
Studente ghislieriano
Originario di Casalbuttano, nel Cremonese, classe 1899, Ghinaglia vinse un concorso ed entrò al Ghislieri; militante della gioventù socialista, antimilitarista, espulso dalla scuola allievi ufficiali di Modena proprio per le sue idee sovversive, fu al fianco degli operai pavesi durante l’occupazione delle fabbriche e con la scissione di Livorno del gennaio 1921 divenne il primo segretario provinciale del neonato Partito comunista (Pcd’I).
«Nell’intricato scenario del primo dopoguerra – spiega Elisa Signori – Ghinaglia si impegnò con la generosità e la passione dei suoi vent’anni. Da un lato votandosi allo studio della medicina, intesa come strumento di emancipazione e giustizia sociale; dall’altro percorrendo una traiettoria coerente dal pacifismo all’antimilitarismo, all’anelito rivoluzionario e all’intransigenza contro il nascente fascismo. Per questo la sua vicenda, e l’assassinio impunito per mano fascista, sono diventati simboli e paradigmi della memoria dell’antifascismo e come tali evocati clandestinamente durante il Ventennio e, pubblicamente, dopo la Liberazione della primavera del ’45».
Il rapporto con Pennati
La breve esperienza pavese troncata in modo così tragico limitò le sue frequentazioni del collegio Ghislieri, tra l’altro riattato a convitto e oggetto di ristrutturazioni edilizie che proseguirono fino a tutto il 1922, ma il rapporto con Eugenio Pennati, (con lui al congresso del Pci a Livorno, ma su posizioni più moderate e rimasto quindi nel Psi), che ne ha lasciato un commosso ricordo, è un esempio dell’intenso dibattito politico in collegio sotto il rettorato di Pietro Ciapessoni.
Una passione, condivisa da Ghinaglia, che proseguì anche oltre l’avvento al potere del fascismo e la nascita della dittatura mussoliniana, con la militanza in Giustizia e Libertà nei primi anni Trenta di ghisleriani quali Vittorio Malamani e Quirino Quirici (la cui attività contro il regime finì però con l’interessare la polizia, portando al suo arresto e alla permanenza in carcere).
Ghinaglia sognava la rivoluzione sul modello sovietico, con tutto quello che ne sarebbe conseguito, ma era un uomo del popolo pronto a battersi per il progresso della società e per il riscatto degli umili.
La folla enorme che seguì i suoi funerali (che qui vediamo in alcune fotografie inedite) è la testimonianza più limpida di quanto fosse amato e rispettato dai pavesi. —
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