Fuga di vapori tossici, uccisi due operai. La tragedia mentre svuotavano una vasca
L’incidente alla Di.Gi.Ma, ditta della filiera dei mangimi. Il titolare Maurizio Dinosio è indagato per omicidio colposo
VILLANTERIO. Un getto violento di gas tossico, in pieno volto. La nube di veleno, fuoriuscita da una tubazione, ha saturato in pochi istanti l’aria e li ha uccisi. Alessandro Brigo, di Copiano, aveva 50 anni, compiuti proprio ieri, una moglie, due figli adolescenti e l’attività di volontariato con la Protezione civile. Andrea Lusini, originario di Siena, di anni ne aveva 51 e da due abitava a Linarolo, con una compagna che ieri per pranzo lo ha aspettato invano nella casa dove vivevano. Era assunto da un’agenzia interinale: ha perso la vita nel tentativo di salvare quella del collega.
La tragedia si è consumata in pochi attimi, venerdì verso le 13, a Villanterio, alla Di.Gi.Ma, un’azienda specializzata nella lavorazione di scarti animali per la produzione di farine per mangimi. Una tragedia con ancora tanti punti oscuri da chiarire. L’inchiesta, condotta dai carabinieri di Pavia e coordinata dal magistrato Camilla Repetto, dovrà precisare la dinamica ma soprattutto chiarire se all’interno dell’azienda tutto ha funzionato come doveva, a cominciare dai sistemi di sicurezza. Il titolare dell’azienda, Maurizio Dinosio, si trova ora indagato con l’accusa di omicidio colposo. Portato in caserma, è stato interrogato dai carabinieri fino a tarda serata.
La ricostruzione
Tutto sarebbe nato da un malfunzionamento dell’impianto dove gli scarti della macellazione vengono lavorati. Brigo, secondo la prima ricostruzione, è salito su una scala per raggiungere la vasca di decantazione da cui poi la parte liquida del prodotto viene aspirata, attraverso una pompa, per passare in un altro serbatoio. L’operaio, dipendente della società, si è accorto che la pompa era ostruita e ha cercato di rimuovere l’occlusione. Una manovra che forse aveva fatto altre volte ma che ieri, per cause da accertare, si è rivelata fatale. Lo sblocco del tubo ha scatenato la fuoriuscita di gas ad alta pressione, l’idrogeno solforato (o anche acido solfidrico) che si sviluppa in modo naturale dalla decantazione degli scarti. Veleno puro. La nube tossica ha colpito il pieno Brigo, che ha perso subito i sensi. Il collega, Andrea Lusini, si è accorto che qualcosa non andava e ha cercato di soccorrerlo. Ha fatto anche in tempo a chiamare al telefono il titolare, ma il gas respirato, seppure per pochi secondi, lo ha ucciso. Il titolare si è precipitato nel locale in cui i due operai stavano lavorando, ma era troppo tardi.
I soccorsi e gli accertamenti
Quando gli operatori del 118 sono arrivati nel capannone della ditta, sulla statale 235, per i due operai non c’era più niente da fare. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri e i vigili del fuoco da Pavia e Lodi, insieme al Nucleo batteriologico chimico di Milano, che sono entrati all’interno con gli autorespiratori e le tute. L’ambiente era ancora saturo del gas: con i rilevatori è stata trovata una concentrazione molto alta. Ancora da chiarire gli aspetti legati alla sicurezza. Sul posto anche gli ispettori dell’Inail, per la verifica dei contratti degli operai, e dell’Ats, per gli accertamenti sulla presenza di dispositivi di protezione. A quanto pare (ma il dettaglio dovrà essere confermato) gli operai non indossavano maschere antigas o altre protezioni. Lo stabilimento, a conduzione familiare e con pochi operai, andava avanti da generazioni. Al sindaco del paese era arrivata anche una richiesta di miglioramenti strutturali, che avrebbero dovuto risolvere il problema dei miasmi legati alla lavorazione degli scarti della macellazione. C’era, a quanto pare, anche una ipotesi di sostituire i macchinari, piuttosto datati. —