Niente Pavia Pride: «Non si può rischiare. Vogliamo superare questa epidemia»
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Arcigay: «Per molte persone lesbiche, gay, bi e trans un lockdown vissuto in contesti di omotransfobia»
Il Pavia pride non si farà nemmeno quest'anno. Lo ha spiegato Davide Podavini, presidente di Coming Aut Pavia Lgbtq+ Community center Arcigay pavia (Lgbtq+ è l’acronimo utilizzato per far riferimento alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e, più in generale, a tutte quelle persone che non si sentono pienamente rappresentate sotto l’etichetta di donna o uomo eterosessuale). «È stata una scelta difficile - ha spiegato - ma abbiamo deciso di non rischiare, per un senso di responsabilità nei confronti di tutti; abbiamo passato ormai più di un anno in condizioni di grande difficoltà, e le persone LGBT più giovani e fragili hanno davvero vissuto questa fase in una condizione di forte vulnerabilità e sofferenza, per noi quindi adesso la priorità è uscirne. Organizzare un Pride significherebbe portare nello stesso posto migliaia di persone, quindi abbiamo deciso di non organizzarlo».
Davide, come si sono svolti in questo periodo tutti i progetti e gli incontri di cui l’associazione si occupa?
«In realtà non si sono mai fermati, all’inizio della pandemia con le prime misure di contenimento sono passati dall’essere incontri dal vivo ad incontri da remoto. I gruppi hanno sempre continuato il loro lavoro: subito dopo il primo lockdown sono tornati dal vivo e dopo un ulteriore interruzione tra novembre e dicembre, hanno ripreso e ora sono attivi. Durante la pandemia abbiamo registrato un incremento della partecipazione proprio perché per le persone che appartengono alla comunità LGBTQ+ è stato un periodo particolarmente difficile, lo è stato per tutti e per tutte, ma per molte persone lesbiche, gay, bisessuali e trans il periodo di confinazione in casa ha significato per alcuni vivere in contesti di omotransfobia, non avendo la possibilità di uscire ed avere un momento di respiro; si è quindi sentito maggiormente il bisogno di confronto e partecipazione».
In particolare gli interventi nelle scuole su cosa vertono?
«I nostri percorsi didattici sono rivolti a scuole di ogni ordine e grado, certificati dal dipartimento di psicologia dell’università di Pavia, spesso in collaborazione con altre realtà associative del territorio che si occupano di disabilità, migrazione o violenza di genere. I nostri percorsi hanno come scopo principale quello dell’alfabetizzazione primaria sui nostri temi. Sono anche rivolti al contrasto al bullismo in generale, all’omotransbullismo e al cyberbullismo. Abbiamo constatato che per molti ragazzi, soprattutto quelli più giovani, questi incontri significano avere per la prima volta strumenti di informazione e la possibilità di incontrare persone gay, lesbiche, trans visibili e parlare direttamente con loro».
Quest’anno li avete fatti da remoto?
«Siamo riusciti a portare avanti diverse lezioni anche durante la pandemia a Voghera e Vigevano, e adesso abbiamo ripreso a farle dal vivo. Il gruppo scuola sarà la settimana prossima nella scuola media di Belgioioso e in altre scuole nelle prossime settimane».
Cosa possono fare attivamente dei ragazzi per l’associazione e per la società in generale?
«Basta l’autoconsapevolezza. Quando si è ancora in un periodo di formazione ed istruzione, bisogna capire bene come funzionano le cose e misurarsi con la realtà senza stereotipi. Informarsi, andare a fondo e conoscere la realtà è già un contributo per sé stessi e per gli altri. Ci sono poi moltissime attività, il gruppo giovani ad esempio ha finalità più di socializzazione, parlarsi e condividere le proprie esperienze è un momento importante di formazione e condivisione che dà sicurezza e prospettiva».
Come mai esiste il gruppo migranti?
«Il gruppo migranti ha come finalità quella di sostenere, attraverso l’attivazione dello sportello migranti, persone che vengono da altri paesi e che per esempio hanno la necessità di chiedere la protezione internazionale, l’asilo politico, proprio per il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere. Questi ragazzi vengono supportati per preparare il loro intervento alla commissione che dovrà decidere se hanno diritto o meno alla protezione; spesso non hanno le parole perché vengono da paesi dove questi temi non sono trattati, e non è magari chiara la differenza tra orientamento sessuale ed identità di genere, lo vivono su loro stessi ma non hanno la capacità di raccontarla. Spesso pensano di dover raccontare storie di persecuzioni specifiche, quando in realtà anche se non ne hanno subite, hanno diritto all’accoglienza se nel loro paese esistono leggi che discriminano o perseguitano persone come loro; è quindi anche uno strumento per tranquillizzarli. Capita anche che ragazzi provenienti dallo stesso paese, che prima non si conoscevano, si aiutino a vicenda, scoprendo per la prima volta, con grande stupore e gioia, che ci sono altri ragazzi come loro con le loro stesse necessità e che qui possono vivere liberamente ed essere sé stessi».
Torniamo al Pavia Pride 2021...
«È stata una scelta difficile ma abbiamo deciso di non rischiare, per un senso di responsabilità nei confronti di tutti. Il Pride è un momento meraviglioso e necessario per la nostra comunità, ma credo che ormai sia diventato necessario per tutta la città. Partecipa gente di ogni tipo, non solo LGBTQ+, che si sente partecipe e che sente dentro questa cornice la possibilità di essere liberi e rappresentarsi come si vuole. Nel 2022, sperando che la pandemia finisca presto, sicuramente il Pavia Pride ci sarà». —