Attenzione al “greenwhashing”: sembra ecologico ma non lo è

Vediamo sempre più pubblicità e annunci secondo i quali la parola ambiente è diventata il fulcro di marchi e aziende che da sempre minimizzano l’attuale crisi climatica. Foglie verdi, persone giovani e sorridenti, ma soprattutto la magica parola “green”, verde in inglese, che se messa di fianco a parole come “economia”, “energia”, “prodotto” e mille altre, vorrebbe farci credere di risolvere la crisi climatica e ambientale. Purtroppo per queste pubblicità sulla presunta svolta verde di marchi e aziende però, di fianco a “green” ci può stare anche “washing”.

Greenwashing significa dare l’idea di fare passi avanti, magari anche reali, ma di ben poco conto per fare finta di essere interessati alla crisi climatica. Insomma, dipingere di verde una nuvola di fumo. Il greenwashing consiste anche nel far credere che le piccole azioni individuali siano abbastanza per contrastare la crisi climatica.

Ne sono esempio quelle famose regole quali chiudere il rubinetto quando ci si lava i denti, controllare la pressione delle gomme del proprio mezzo, utilizzare certe tipologie di latte; tutte norme inutili. Intendiamoci bene: sono norme comportamentali utili per creare una cultura a favore di clima e ambiente e sono buone abitudini ma per “salvare il pianeta” hanno ben poco impatto. Questa idea è stata usata per allontanare il dibattito dal punto centrale della questione: la cosa fondamentale è azzerare le emissioni e avviare una transizione giusta, veloce e a favore di tutti. Fortunatamente il greenwashing può essere illegale, trattandosi di pubblicità fraudolenta. Un anno fa l’Eni è stata multata per una pubblicità su un biocarburante che di green aveva solo la pubblicità. C'è solo un modo per proteggersi: informarsi davvero sulla crisi climatica e su chi ne ha la colpa, ma soprattutto informarsi sui mezzi per fermarla. Pietro Losio

Fridays For Future Pavia