Alunno bocciato in terza media dopo la Dad. La famiglia pronta al ricorso
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La madre scrive alla scuola: «La non ammissione all’esame andava motivata». La dirigente: «Studenti già “graziati” lo scorso anno, i genitori erano informati»
LARDIRAGO. Bocciato in terza media, dopo che aveva cercato, nell’ultima parte dell’anno, di recuperare le lacune in tre materie scegliendo le lezioni in presenza rispetto alla didattica a distanza. Una doccia fredda per la famiglia. La decisione è contestata dalla madre di un ragazzo di 13 anni, che ha inviato una lettera alla scuola di Lardirago, frequentata dall’alunno (non ammesso all’esame), e si è rivolta a un legale per valutare il ricorso. Rispetto allo scorso anno, quando per la pandemia il Ministero aveva sollecitato i docenti a chiudere un occhio sul rendimento degli alunni, quest’anno non era previsto alcun trattamento di favore. Si è tornati quindi a bocciare, anche nella scuola primaria.
i criteri
Ma il Ministero, con una circolare, ha comunque precisato di «considerare nella valutazione degli studenti la complessità del processo di apprendimento maturato nel contesto dell’attuale emergenza epidemiologica». La norma stabilisce anche altro: la bocciatura deve essere motivata. «Ma in questo caso non abbiamo avuto alcuna motivazione – dice la madre del ragazzo –. Anzi, dalla scuola non ho nemmeno ricevuto una risposta alla lettera inviata alla coordinatrice». Una lettera che non suona tanto come una protesta, quanto come una richiesta di chiarimenti sull’opportunità della decisione.
le perplessità
Il ragazzo aveva cominciato l’anno con qualche difficoltà in alcune materie. Lacune che l’alunno si era impegnato ad affrontare nella seconda parte dell’anno, decidendo di frequentare in presenza dopo che la didattica a distanza lo aveva penalizzato. «Come altri ragazzi ha attraversato un periodo psicologico difficile a causa del Covid – spiega la madre –. Non tutti però reagiscono allo stesso modo. La scelta di bocciarlo per tre insufficienze mi sembra eccessiva. Per questo ho chiesto almeno che fosse ammesso all’esame, per evitare che un giovanissimo ragazzo si senta punito dai grandi in un bruttissimo momento storico, solo perché “il disturbo psicologico vissuto” non gli ha permesso di applicarsi bene nello studio». La scuola, dal suo canto, difende la scelta. La dirigente Antonella Bignami non entra nel merito del caso, «che non conosco nei dettagli», ma spiega che «già lo scorso anno le scuole sono state costrette a promuovere ragazzi molto zoppicanti». «La decisione non è stata improvvisa – aggiunge – perché le famiglie sono informate durante tutto l’anno. Non può nemmeno passare il messaggio che le lacune si recuperano nell’ultima parte dell’anno». —