Le tolgono la figlia per una falsa accusa: «Non mangio fino a quando non la riavrò»
La piccola adesso ha tre anni: nel 2019 era stata allontanata dalla madre per una denuncia del papà poi ritrattata
PAVIA. Il 29 luglio la sua bambina compirà tre anni. «Quello che chiedo è poter festeggiare con lei, finalmente a casa», è l’appello della madre, da una settimana in sciopero della fame. Da due anni e mezzo la donna, che ha 30 anni e abita a pochi chilometri da Pavia, può vedere sua figlia solo rare volte al mese, in spazi neutri. Questo dopo che l’ex marito l’aveva denunciata per violenze. Poco importa se poi l’uomo ha ritrattato spiegando di essersi inventato tutto: le tensioni in famiglia, dovute alla separazione, sono bastate a mettere in discussione la sua capacità di genitore e a far partire un percorso di sorveglianza in comunità. Percorso che già un anno fa si era orientato a favore della madre: le diverse consulenze psicologiche hanno ritenuto la donna idonea a prendersi cura della bambina. Così a febbraio è stato chiesto con urgenza il ricongiungimento tra madre e figlia, che nel frattempo era stata affidata a un’altra famiglia. Ma il rientro a casa della bambina è ancora sospeso nel limbo della burocrazia e dei tempi di attesa del tribunale dei minori. «Così si rischia di arrecare un danno irreparabile e di non fare il bene della minore», spiega l’avvocata di Milano Silvia Pini, che sta seguendo il caso nell’interesse della madre.
l’attesa per un decreto
All’ultima udienza, di pochi giorni fa, la madre si aspettava il decreto del giudice Alberto Viti, che però non è arrivato. Il rischio, ora, è che tra ferie estive e altre lungaggini tutti slitti ancora all’autunno. «E questo anche se i primi pareri favorevoli delle psicologhe risalgono a oltre un anno fa – aggiunge l’avvocata –. Purtroppo non è il primo caso: troppo spesso i minori si trovano costretti a subire le angherie della burocrazia. I procedimenti che li coinvolgono hanno sempre il carattere di urgenza e invece durano anni, spesso concludendosi quando è troppo tardi».
Per questo la madre, dopo mesi di speranza e attesa, e nel timore che il momento del ricongiungimento con sua figlia non arrivi mai o giunga davvero troppo tardi, ha deciso di non mangiare più. «Se il tribunale è lento, che procedano i servizi sociali – dice la donna –. Un mese in più o in meno per noi sono importanti. Ridatemi mia figlia».
l’iter partito durante la separazione
Tutto comincia quando la piccola ha pochi mesi e il rapporto tra i genitori comincia a traballare. La situazione della famiglia viene segnalata ai Servizi sociali, anche perché la madre della bambina in passato è stata in cura per un disturbo borderline di personalità. A questo si aggiunge la denuncia presentata dal marito, che racconta di avere subito aggressioni da parte della donna. Il contesto spinge il tribunale a togliere la bambina alla madre e ad aprire per la piccola un procedimento di adottabilità. La situazione si complica quando la donna scopre di essere ancora incinta. Quando nasce la seconda bambina accetta di vivere con lei in una comunità (dove ancora oggi vive) per non farsela portare via come accaduto con la sorellina.