La lunga storia del Buscaglia Ristobar: si rianima la casa più vecchia del Penice. Qui Hemingway veniva a pescare
Qui Ernest Hemigway imparò a pescare sul Trebbia. La nuova sfida: far rivivere la zona anche in autunno
Trascurato, un po’ dimenticato, sommerso dai ricordi di un tempo che fu. Eppure non smette mai di battere il cuore del Passo Penice. C’è voglia di presente e di futuro per questo Monte – appartenente al Comune di Bobbio (Piacenza) e al confine con la Provincia di Pavia – frequentato soprattutto da bikers e, quando d’inverno si colora di bianco, da appassionati sciatori (anche alle prime armi). Chiunque arrivi al Passo, sia per sostare qualche giorno (anche se sono sempre meno le famiglie che tornano nelle loro “seconde case”) o per una gita in giornata, oltre allo storico e mitico ristorante Lo Scarpone può trovare ristoro e serenità in un luogo – il Buscaglia Ristobar – che ha inaugurato la propria attività da poco più di anno ma che ha nelle sue mura una storia ultracentenaria.
Cento anni di storia
Il locale che ospita i clienti è infatti la casa più antica del Penice, una villa liberty costruita ben oltre un secolo fa e appartenuta anche al celebre giornalista partigiano Italo Pietra.
Le cartoline più antiche, risalenti al primo Novecento, mostrano la villa – composta da due immobili – spiccare nel valico, circondata solo da colline e boschi. E a due passi si scorge un rifugio che nei decenni a seguire sarebbe diventato il celebre Albergo Buscaglia fondato da Felice “Felcin” Buscaglia e nato dalla casa cantoniera dove, con la moglie Adele, offriva un piatto caldo ai viandanti. Un pezzo alla volta, l’Albergo diventò sempre più grande e rinomato, grazie soprattutto alla gestione, carica di amore e spirito d’accoglienza, delle figlie di Felice, Franca e Angela, quest’ultima da tutti conosciuta e ribattezzata “a’ Lindù mont”. Pantaloni alla zuava e patente di guida in tasca in un’epoca in cui a guidare erano solo gli uomini: la “Lina” era una donna forte e indipendente che amava creare momenti di convivialità (nel salone dell’albergo si metteva anche a suonare). Negli anni ’80, quando il “Buscaglia” continuava ad ospitare centinaia di turisti (le camere erano quaranta e c’era anche un giardino per le feste) decise di acquistare la vicina dimora dalla famiglia Bettaglio. Sì, proprio la villa più antica del Passo due anni fa ereditata da sua nipote Silvia Piovano, una donna altrettanto coraggiosa che, proprio come fece il bisnonno, ha deciso di trasformarla nel nuovo Buscaglia Ristobar. Una scelta visionaria nata dallo stesso spirito di nonna Angela e dal sogno di vedere sempre più ripopolato il Penice, un tempo ambita meta turistica non solo dei residentinell’Oltrepo ma anche di vip (un nome? Fausto Coppi e la sua Dama Bianca).
Ad affiancare Silvia, che ha omaggiato la nonna dedicandole la sala del camino – dove è appeso un suo bellissimo ritratto fotografico in bianco e nero – c’è suo marito Lahcen Aouassou che in questa avventura sta mettendo tutto se stesso. I due si sono conosciuti e innamorati in Marocco e ora vivono nella vicina Bobbio. Lo stesso logo del locale – un paio di sci, la grande passione di Silvia, che incrociati con le racchette compongono il simbolo della tribù berbera (Amazigh) di Lahcen – celebra il loro amore.
Resistere alla bombe
Abbandonato da trent’anni (e in parte purtroppo prossimo al crollo), l’Albergo Buscaglia negli anni Quaranta resistette anche i bombardamenti della Seconda Grande Guerra. Il Passo Penice, che apparteneva alla “Repubblica di Bobbio” rappresentava infatti un luogo di passaggio strategico (per accedere al pavese e alla Lombardia) e fu teatro di scontri sanguinosi tra Tedeschi e la Resistenza Partigiana. Su tutti la Battaglia del Monte Penice, avvenuta il 26 e 27 agosto 1944, pochi anni prima che lo scrittore Premio Nobel Ernest Hemingway chiese al nonno di Silvia, Giuseppe “Peppino” Callegari (Dentista a Varzi), di insegnargli a pescare (lo portò in Val Trebbia, in Val d’Aveto fino al Gramizzola, passando dal Penice). Quella di Silvia e Lahcen sembra essere una nuova sfida, una nuova Resistenza all’abbandono del Passo. Nella loro cucina, fatta di prodotti locali a chilometro zero e dal forte sapore piacentino, c’è una nuova promessa di ripartenza: “abbiamo iniziato nel momento più difficile – racconta Silvia Piovano – quando la pandemia è arrivata e ha sconvolto la nostra vita. Ma non abbiamo mollato e siamo partiti lo stesso. Questo per me è un posto del cuore”. Dopo il periodo estivo, inizia ora la battaglia più difficile, quella di rilanciare il Penice anche nel prossimo autunno: «vorrei che il Passo torni a ripopolarsi e riempirsi di vita, mia nonna sarebbe felice: il suo sogno è diventato il mio».Giacomo Aricò