Il decreto non ferma lo smart working negli enti pubblici in provincia
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Comuni, Provincia, Università e Inps si attrezzano per mantenerlo anche dopo il 15 ottobre
PAVIA. Al di là degli annunci roboanti del ministro Brunetta, il 15 ottobre non segnerà affatto la fine dello smart working e il rientro in presenza di tutti i dipendenti pubblici, complice un decreto ancora in bozza e che nella sua ultima stesura resta piuttosto vago e fissa ben pochi paletti, prevedendo un periodo transitorio di 15 giorni. Senza considerare le norme sanitarie anti-Covid che impongono un limite di presenza negli uffici. Ecco perché anche gli enti della provincia di Pavia, sia pure con una riduzione (ma non in tutti i casi) non rinunceranno al lavoro agile, anche perché il riscontro sotto il profilo della produttività si è dimostrato positivo. E anzi si stano attrezzando per continuare l’esperienza.
Il Comune di Pavia, per esempio, ha appena deliberato il “Regolamento per la sperimentazione del lavoro agile in forma ordinaria” che prevede venti postazioni di lavoro a distanza. «Visti i riscontri positivi sull’organizzazione durante il periodo emergenziale – dice Barbara Longo, assessore al personale – con il progetto “Smart in the city” si intende conciliare tempi lavorativi ed esigenze familiari e promuovere un modello innovativo, «eliminando il vincolo del luogo e sostenendo la flessibilità della prestazione lavorativa». Già nelle scorse settimane e mesi la quota di dipendenti comunali in smart si era ridotta - con la fine della fase emergenziale - e quindi dal 15 ottobre cambierà poco.
In Provincia una trentina dei 97 dipendenti tuttora in smart working (su un totale di 240) rimarrà a lavorare a distanza in base ad accordi individuali pre-Covid. Gli altri rientreranno ma c’è da considerare che già adesso lavorano per 4 giorni su 5 in presenza. «Ci adegueremo alle nuove disposizioni – dice il presidente Vittorio Poma, ricordando che la Provincia di Pavia è stata la prima in Italia ad avviare la sperimentazione sul lavoro agile – ritengo importante comunque incoraggiare lo smart working anche perché abbiamo ottenuto buoni risultati in termini di produttività e organizzazione del lavoro, oltre all’impatto positivo a livello sociale e familiare, e su ambiente e trasporti».
L’Università ha ancora metà del personale (450 circa su circa 900) in smart working per 2 giorni a settimana in media, e non ha certo intenzione di interrompere l’esperienza di questi mesi. «La bozza di decreto parla del lavoro in presenza come modalità prevalente, ma allo stato non fissa limiti per quello a distanza, e laddove è compatibile con produttività ed erogazione efficiente dei servizi si va avanti – dice Pietro Previtali, pro rettore alle Risorse umane – in questa fase transitoria saranno necessari però accordi individuali».
Anche all’Inps provinciale (141 dipendenti) ci si prepara a una maggiore presenza negli uffici, attualmente ridotta al 40% circa anche per le regole anti-Covid. «Molte pratiche possono essere svolte col lavoro a distanza – dice il direttore Alfredo Cucaro Santissimo – in questi mesi la produttività non ne ha risentito e i servizi all’utenza sono stati garantiti, anzi siamo riusciti a ridurre delle giacenza».