Il caso Bose e l’esilio di padre Enzo Bianchi: «La Chiesa al dialogo ha preferito la scure»
l’intervista
L’allontanamento di padre Enzo Bianchi dalla comunità monastica di Bose, da lui fondata nel 1965, deciso nel maggio 2020 con decreto del delegato pontificio Cencini ha scosso profondamente il mondo cattolico e l’eco della vicenda non si è ancora spenta. Se ne parlerà questa sera al Collegio Borromeo (ore 21), con la conferenza «Il caso Bose. L’autorità della Chiesa e i diritti umani»: il teologo Riccardo Larini (autore, tra l’altro, del libro “Bose. La traccia del Vangelo”) dialogherà con l’ex sindaco di Torino, Valentino Castellani e con Guido Formigoni, docente di Storia contemporanea dello Iulm.
Professor Larini, la prima domanda può sembrare scontata ma è d’obbligo: come sta Enzo Bianchi?
«L’ho incontrato recentemente. Dal 30 maggio di quest’anno vive a Torino, in un appartamento alla periferia della città. Ha i suoi acciacchi, ma spiritualmente e moralmente non è abbattuto, anche se la vicenda ha lasciato il segno. Un colpo da cui era non facile riprendersi».
Perchè colpire Bose? Faceva paura l’anomalia di una comunità monastica aperta ad entrambi i sessi?
«Io dico sempre che c’erano già delle difficoltà, come accade in tutte le realtà umane. Si profilava un conflitto di potere, ma l’autorità ecclesiastica anzichè cercare di favorire il dialogo ha preferito la spaccatura».
Era dunque possibile una soluzione diversa?
«In un contesto segnato da altre contese, più o meno sotterranee, il delegato pontificio ha imposto il suo teorema, per cui quando c’è un conflitto bisogna sempre e soltanto estirpare, si tratti della maggioranza o della minoranza. In questa situazione, Bianchi e altri monaci sono già stati allontanati e chi ora dice di non essere felice a Bose viene invitato ad andarsene».
La comunità è destinata a morire?
«Di sicuro non c’è una via del ritorno, non si può pensare di mettere semplicemente una pietra sopra su quanto avvenuto e ricominciare come se nulla fosse. Bose non è morta, ma certo sarà diversa da prima. Molti vogliono comunque rimanere e si dovrà per forza voltare pagina».
Ha vinto Cencini.
«La prassi è che va istituzionalizzato il carisma, quando il fondatore di una comunità è un personaggio carismatico, come Bianchi. Ma questo solitamente avviene dopo la morte del fondatore, non prima. E certo non si poteva pensare che un uomo della sua levatura chinasse la testa. Il punto è che Bianchi non ha avuto diritto alla difesa, non ha potuto in alcun modo spiegare, argomentare le sue ragioni. Nei suoi confronti non è stato istruito alcun processo canonico. Cencini ha fatto una specie di ispezione, e poi applicato un decreto inappellabile, lo strumento più radicale previsto dal Diritto canonico ».
La posizione di Papa Francesco?
«Onestamente, non ho certezze in merito. Da entrambe le parti ci si è appellati a lui, ma sappiamo che il papa non ama esser tirato per la giacca. Il problema è che, quando sorgono dei conflitti, si dovrebbe sempre trovare il modo di confrontarsi, di dialogare. Non si può sempre pensare che l’autorità suprema risolva tutto».
Bose perderà dunque la sua unicità?
«Un cambiamento ci sarà. Inevitabilmente. Alcuni erano già in corso. Dopo che venne fondata, per decenni, la comunità non ha avuto uno statuto, la prima bozza la feci io nel 2001. Gradualmente è passata da comunità ecumenica laica a comunità monastica, infine a monastero».
PAVIA
«Il caso Bose. L’autorità della Chiesa e i diritti umani», è il titolo della conferenza in programma questa sera (ore 21) al Collegio Borromeo. Riccardo Larini, teologo, ex monaco della comunità biellese, autore del libro «Bose. La traccia del Vangelo», dialogherà con Valentino Castellani, ex sindaco di Torino, già presidente del Comitato organizzatore dei XX Giochi Olimpici invernali del 2006, e con Guido Formigoni, docente ordinario di Storia contemporanea dell’Università Iulm di Milano. L’incontro si svolgerà in presenza (necessari la prenotazione e il possesso di Green pass con verifiche all’ingresso), ma potrà essere seguito anche in diretta streaming sulle pagine social del Borromeo.
Dopo la laurea in Fisica conseguita all’Università di Pavia, Larini si è dedicato agli studi di teologia ecumenica e di ermeneutica, prima alla comunità di Bose (di cui ha fatto parte per undici anni, elaborandone, tra l’altro, lo statuto) e quindi a Cambridge; dopo aver diretto un collegio ecumenico in Inghilterra e una scuola europea in Estonia, si è dedicato prevalentemente all’attività professionale di esperto della formazione all’uso dell’intelligenza artificiale nell’apprendimento scolastico e aziendale, e alla scrittura di articoli per un blog e per riviste italiane e straniere specializzate nella divulgazione delle scienze religiose; ha sempre seguito da vicino le vicende della comunità di Bose e dell’allontanamento del suo fondatore deciso dalle autorità ecclesiastiche. —