Bonomi: “Landini, no ai ricatti. All’Italia non serve un ritorno in piazza
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Il presidente di Confindustria replica al sindacato: «Quella dello sciopero non è la strada giusta: è l’ora della condivisione»
ALBA (CUNEO). «Gli italiani, in questa campagna contro il virus pandemico, hanno dato una grande dimostrazione di educazione civica, di senso della responsabilità e oggi tutto chiedono, tranne che di andare in piazza. Chiedono di stare uniti, di trovare le soluzioni ai problemi, di creare più occupazione, di dare più reddito, di pensare ai giovani e alle donne che hanno una partecipazione molto bassa nel mondo del lavoro. Non di andare in piazza. Non è questa la strada giusta».
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi ieri mattina era al Teatro Sociale di Alba per partecipare al Forum nazionale della Piccola Industria. Con i giornalisti prima di salire sul palco, e poi di fronte alla platea di imprenditori, ha replicato all’intervista di Maurizio Landini alla Stampa.
Presidente, il leader della Cgil è stato categorico. «Siamo pronti allo sciopero se il governo non ascolta i lavoratori. Draghi rinvia e non risolve i problemi». Che cosa risponde?
«Io credo che in questa Italia le soluzioni si debbano trovare insieme, non scioperando. Si ritiene ancora che il ricatto della mobilitazione sia un mezzo per ottenere quello che uno chiede, uno strumento che porta a rifiutare ogni confronto con il resto del mondo del lavoro, e poi ci si lamenta. Su nodi come il mercato del lavoro, i giovani, le donne, bisogna mettere al centro le persone, non evocare lo spettro di una lotta di classe servi-padroni».
Landini dice anche che gli 8 miliardi stanziati per il taglio delle tasse andranno più alle imprese che ad aumentare le buste paga dei lavoratori....
«In realtà il fondo è stato stanziato, ma non è ancora stato deciso come usarli. Molto probabilmente Landini non ha ascoltato quello che come Confindustria stiamo dichiarando da mesi, perché noi stiamo dicendo che vogliamo un taglio contributivo del cuneo fiscale per mettere più soldi in tasca agli italiani e rendere più competitivo il costo del lavoro delle imprese. Più che dichiararlo apertamente, cosa dobbiamo fare? Mi sembra che si voglia cercare la polemica e francamente non ci interessa, noi vogliamo trovare soluzioni».
Sulla legge di bilancio, ha detto che «ci lasciava immaginare ben altro scenario». Deluso?
«Per tutti i provvedimenti che coinvolgono imprese e mondo del lavoro, le imprese non vengono ascoltate. Bisognerebbe avere l’umiltà di farlo. Invece, assistiamo alla battaglia per il rifinanziamento del reddito di cittadinanza. Oppure, vediamo stanziare quattro miliardi per i centri pubblici per l’impiego. Io credo che nessun imprenditore in questa sala cerchi i propri collaboratori attraverso i centri per l’impiego».
Qual è il suo giudizio sul disegno di legge sulla concorrenza approvato dal consiglio dei ministri?
«Credo sia molto da apprezzare il fatto che il governo stia proseguendo nella sua opera di riforme collegate al Pnrr. La concorrenza è senza dubbio fondamentale per rendere più efficiente il mercato e diminuire i costi a favore di cittadini e imprese. Nel dll, però, ci sono alcuni punti molto critici: uno su tutti è la rimborsabilità dei farmaci equivalenti, che è stata affrontata con un approccio troppo ideologico e rischia di produrre schizofrenia. Perché da una parte abbiamo interventi nella legge di bilancio che sostengono la ricerca di sviluppo, e dall’altra ammazziamo i risultati di questa ricerca. Per questo crediamo ci siano ancora delle cose che nell’iter di approvazione vadano rettificate e messe a posto».
Stesso giudizio per la norma introdotta nel Dl Infrastrutture, che limita drasticamente i trasporti eccezionali?
«È stato uno scivolone, purtroppo doloroso, e speriamo venga rimediato al più presto. L’industria italiana di problemi ne ha già tanti, andarseli anche a cercare credo non sia la strada giusta. Peraltro, non va neppure nella direzione della sostenibilità. È veramente un fulmine a ciel sereno, speriamo venga risolto nel più breve tempo possibile».
Tra gli imprenditori sta crescendo il timore per una quarta ondata del virus. Lei pensa che anche noi dovremmo fare come l’Austria e ipotizzare di mettere in lockdown i non vaccinati?
«Non sta a me decidere, non sono un medico e mi affido a chi ha la competenza per prendere queste decisioni. Quello che noi abbiamo fatto come Confindustria è sotto gli occhi di tutti: abbiamo messo a disposizione le nostre fabbriche come hub vaccinali di comunità per velocizzare la campagna di immunizzazione. Abbiamo anche detto che eravamo favorevoli all’obbligo vaccinale, ma purtroppo la politica non ha trovato una sintesi su un provvedimento che molto probabilmente sarebbe stato dirompente. Infine, abbiamo sostenuto fortemente l’adozione del green pass, proprio per mettere in sicurezza non solo le fabbriche, ma tutta la comunità. È questa la strada che dobbiamo percorrere».