L’immunologo Abrignani: “Il lockdown solo per i No Vax? Scelta radicale ma da valutare”
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Il membro del Cts: «Vaccinare i più piccoli unica via per uscire dalla pandemia»
«La vaccinazione dei bambini è l’unica via per uscire dalla pandemia». Sergio Abrignani, membro del Cts, professore ordinario di Immunologia all’Università Statale e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare Invernizzi del Policlinico di Milano, affronta tutti i nodi della campagna vaccinale.
Gli Stati Uniti hanno iniziato a vaccinare i bambini, succederà anche in Italia?
«È immaginabile che si inizi nel 2022, ma tutto dipende dall’autorizzazione dell’Ema che dovrebbe arrivare entro l’anno. Già ora vediamo delle infezione asintomatiche tra 5 e 16 anni e sappiamo dai dati dell’Istituto superiore di sanità che nell’età pediatrica avviene un quarto dei contagi. La vaccinazione di questa fascia dunque risulta necessaria per contrastare il serbatoio principale del virus, oltre che per evitare i rari casi gravi che hanno portato a 42 morti di bambini da inizio pandemia».
Intanto si procederà alla terza dose per tutti?
«Per ora viene offerta a over 60 e persone fragili, sicuramente verrà allargata agli over 50 e poi si vedrà cosa converrà fare in base ai dati disponibili e all’andamento del contagio».
Sarà risolutiva o servirà una quarta dose?
«Non possiamo saperlo con sicurezza, ma la speranza è che succeda come con altre vaccinazioni, dove la terza dose dura più a lungo con una memoria di almeno 5-10 anni».
Dopo la terza dose il Green Pass durerà un anno?
«Sarebbe una decisione sensata sia per la durata dell’immunità sia per incentivare le persone a fare il richiamo, in particolare gli over 50 che sono a maggiore rischio di caduta degli anticorpi e di malattia grave».
Per il resto il Green Pass potrebbe subire delle modifiche?
«Non penso a breve, ma anche questo dipenderà dai dati e dalla situazione pandemica. Si tratta di scelte che spettano alla politica, anche se da immunologo penso che qualsiasi decisione porti a una riduzione del pericolo sia da prendere».
Per esempio il lockdown dei non vaccinati come in Austria?
«È una scelta radicale, ma molto importante. Bisogna capire che ci si vaccina anche per non infettare i luoghi di socialità e di lavoro. Il Green Pass è il mezzo che garantisce la sicurezza della nostra vita fuori casa».
È favorevole al potenziamento del Green Pass o all’obbligo vaccinale?
«Come immunologo a entrambi, ma non si tratta di scelte che dipendono dal Cts, dove si danno pareri tecnici decisi a maggioranza su richieste della politica».
Se il contagio non peggiorasse troppo le regole rimarrebbero quelle attuali, allora come affrontare chi non si vaccina e scende in piazza?
«Su 7 milioni di esitanti, almeno 5 sono dubbiosi o paurosi che possono essere coinvolti con una campagna focalizzata di comunicazione. Un milione invece dimostra sul web e in piazza di avere delle certezze deliranti con cui è difficile interagire. Purtroppo sono persone che corrono gravi rischi, soprattutto ad assembrarsi continuamente tra non vaccinati. Quasi tutti i malati e i morti di questi giorni sono No Vax».
È a causa di queste persone che il contagio torna a salire?
«Ormai sappiamo che la vaccinazione protegge per il 75 per cento dal contagio e per oltre il 90 da ospedalizzazione e morte. Vaccinarsi è una scelta al contempo egoista e altruista. Non ci può essere discussione su questo. Poi chiaramente aspettiamoci che con la variante Delta più contagiosa, l’arrivo del freddo, l’aumento della vita al chiuso e l’indebolimento del sistema immunitario per l’inverno ci siano più contagi, anche se niente in confronto ai livelli dell’anno scorso. E questo grazie ai vaccinati, non certo ai non vaccinati».
Alcuni degli esitanti temono gli effetti di lungo periodo dei vaccini, come rassicurarli?
«Dovrebbero passare anni per verificarli, ma in tutti i vaccini gli effetti collaterali sono immediati nel caso allergico e nelle prime settimane nel caso rarissimo delle trombosi. Non esiste un vaccino che abbia causato problemi nel lungo periodo».
Le nuove cure possono essere un motivo per aspettare a vaccinarsi?
«No, perché gli anticorpi monoclonali curano il 40 per cento degli ammalati e la nuova pillola sperimentale il 50. Meglio il vaccino, che non fa proprio ammalare».
E i guariti che non si vaccinano?
«Rischiano di riammalarsi e, soprattutto dopo i 50 anni, farebbero bene a fare due dosi».
Alcune regioni sono in allarme, torneranno le zone rosse?
«Spero di no e con la copertura vaccinale crescente mi pare improbabile. Certo che se continuano gli assembramenti di non vaccinati ci possono essere dei casi particolari, come a Trieste».
In sintesi, come vede i prossimi mesi?
«Dobbiamo essere consapevoli che la pandemia non è finita, anche se riguarda soprattutto i Paesi svantaggiati che hanno pochi mezzi a disposizione e chi nei Paesi avanzati rifiuta i vaccini. L’inverno sarà una dura prova soprattutto per queste persone. Per gli altri l’immunità data dai vaccini continua a essere molto forte, anche se richiede una ricarica ogni tanto. Nel frattempo per contenere il contagio restano utili le mascherine al chiuso, le distanze e i disinfettanti».