Bimbo nato morto, i genitori chiamano in causa l’ospedale

 VOGHERA

Della tragedia del piccolo Nicolas, nato morto a giugno del 2018 in sala parto, deve rispondere anche l’ospedale di Voghera, a cui la madre si era rivolta per dare alla luce il proprio bambino. A tirare in ballo l’ospedale per la responsabilità civile sono gli avvocati dei genitori del piccolo, che si sono costituiti parte civile nel processo. Il dibattimento, che si è aperto ieri mattina in tribunale davanti al giudice Vincenzo Giordano, vede a giudizio la ginecologa Claudia Vercesi e l’ostetrica Daniela Talpo.

La battaglia della difesa

Gli avvocati difensori degli imputati, Giuseppe Roccioletti e Gianfranco Ercolani, hanno presentato una eccezione relativa alla consulenza medico-legale eseguita subito dopo la tragedia.

L’autopsia, un accertamento irripetibile, fu infatti eseguita senza la presenza di consulenti della difesa perché il procedimento fu all’inizio iscritto contro ignoti. Solo quattro mesi dopo la morte del neonato furono identificati e indagati il medico e l’ostetrica in servizio quella sera di giugno.

Sull’eccezione dei legali, che chiedono in sostanza la nullità della consulenza per non avere potuto partecipare all’esame, il giudice si è riservato, fissando una udienza al primo febbraio del 2023 per la decisione.

Parte civile

Nel processo si sono costituiti parte civile, con gli avvocati Massimo Adriatici e Cristina Moroni, i genitori del neonato, che non erano presenti in aula. Secondo la famiglia e secondo la ricostruzione della procura, ci sarebbero state negligenze da parte degli operatori sanitari, perché si sarebbe aspettato troppo a intervenire nonostante i segni di una sofferenza del feto.

Il bimbo era nato morto al termine di una gestazione a quanto pare regolare. Sarebbe stato il primogenito di una coppia di giovani sposi, che abitano in un piccolo centro a poca distanza da Voghera. Al momento del parto aveva un peso perfetto, di 3,2 kg. Per questo la tragedia aveva spinto i genitori a chiedere chiarezza.

Le indagini erano subito partite. Il magistrato Diletta Balduzzi aveva disposto una perizia e altri accertamenti, che avevano fatto emergere segni di una sofferenza fetale poco prima del parto. La perizia disposta dal pubblico ministero, ma eseguita senza la presenza dei consulenti della difesa, aveva ipotizzato una sottovalutazione della sofferenza fetale che si era manifestata circa un’ora prima della tragedia. Il dramma si poteva evitare se i sanitari fossero intervenuti prima? Un interrogativo delicato, che oscilla tra la possibilità di un mancato intervento e la fatalità di un evento imprevedibile (esiste una sindrome, seppure rara, in cui il bambino viene alla luce senza alcun segno di vitalità). Il processo che è appena cominciato dovrà provare a dare una risposta.