“L’attimo fuggente” al Carbonetti di Broni: Ettore Bassi nel ruolo che fu di Robin Williams
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Domenica il popolare attore di tante fiction tv vestirà i panni dell’indimenticabile professor Keating
BRONI. Una storia che ha la forza del grande classico, commovente oggi come il giorno in cui è stata proiettata per la prima volta nei cinema di tutto il mondo: “L’attimo fuggente”, pellicola del 1989 sceneggiata da Tom Schulman e interpretata da uno straordinario Robin Williams, è oggi uno spettacolo teatrale che arriva domenica 14 al Carbonetti di Broni con il volto di Ettore Bassi. L’attore tv, protagonista di tante serie nostrane (“Un posto al sole”, “Carabinieri”, “Rex” ecc) ha voluto vestire i panni del professor Keating, quello capace di far salire sui banchi al celebre grido di “Capitano, mio capitano” gli studenti del collegio maschile Welton. Un ruolo che ha scelto personalmente, spinto dalla volontà di cimentarsi con una sfida nuova, mai tentata in Italia.
Ricorda la prima volta che ha visto il film?
«La ricordo, sì, perché avevo diciannove anni, ed ero quindi esattamente il ragazzo a cui la pellicola si rivolgeva. All’epoca mi colpì molto, perché tutti a quell’età siamo alla ricerca di una guida come il professor Keating, capace di incoraggiarti e spronarti a vivere, a vedere la bellezza intorno a te e a trovare la tua strada. Per anni, però, “L’attimo fuggente” è rimasto lì, a occupare un angolo del mio bagaglio culturale, fino al giorno in cui, non troppo tempo fa, cercavo un’idea nuova da portare a teatro. Improvvisamente sono rimasto folgorato dalla possibilità di rappresentare sul palco proprio quella stessa che aveva appassionato tanto la mia generazione. Caso vuole che fossero già stati acquistati i diritti per farlo, ma che mancasse il protagonista».
A proposito di protagonisti, confrontarsi con Robin Williams non sarà stato facile.
«Il suo modello è stato fondamentale e imprescindibile, perché la gente che viene a vedere questo spettacolo si aspetta di ritrovare l’atmosfera del film. Non ho voluto, però, lasciarmi intimidire dalla sua bravura, e ho cercato di recapitare il messaggio del film a mio modo, dando al personaggio un’impronta che fosse solo mia».
Lei che rapporto aveva con i suoi professori? Ha mai incontrato un Keating?
«Il mio rapporto con la scuola era piuttosto conflittuale, e credo che ciò sia dovuto anche al fatto di non aver mai incontrato uno come Keating. A volte mi è sembrato di intravederlo in qualcuno, ma ne sono rimasto puntualmente deluso. In ogni caso, crescendo, mi sono reso conto di quanto arduo sia il mestiere dell’insegnante in Italia, dove i docenti (come tutti gli operatori della cultura) sono una categoria bistrattata e umiliata. Per come li trattano non c’è da stupirsi se finiscono per perdere l’entusiasmo. Questa mossa, comunque, credo sia tutt’altro che casuale, perché dalla scuola passa la formazione delle prossime generazioni, la creazione di una società di valore, e impedirlo ha un preciso scopo. Portare in scena questo ruolo mi ha fatto riconsiderare molte cose, anche il mio stesso approccio all’insegnamento: mi è capitato di tenere lezioni ai giovani attori, e dopo questa esperienza ho intenzione di continuare a farlo in maniera più strutturata e soprattutto più consapevole».
Serena Simula