Celle fredde e pioggia dal tetto, a Torre del gallo i detenuti fanno lo “sciopero del carrello”. Il Garante nazionale: il penitenziario di Pavia è abbandonato a sé stesso
«Impossibile essere visitati per mancanza di medici, manca personale educativo e per la mancanza di spazi agibili la maggior parte delle attività sono sospese»
Tre suicidi in un mese al carcere di Torre del Gallo, a Pavia. Il 3 dicembre, a pochi giorni dal terzo suicidio nel giro di un mese, la denuncia dell'associazione Antigone sull'impossibilità di entrare per una visita vista la contemporanea assenza della direttrice in carica (in congedo), della sostituta che ne fa le veci, del Comandante della Polizia penitenziaria e della sua vice. Ora lo stato di agitazione dei detenuti al carcere di Pavia e l'annunciato sciopero del carrello, che, secondo il Garante nazionale dei diritti delle persone private di libertà "sono giustificati dalle gravi criticità" che il Garante stesso ha rilevato in una visita all'Istituto proprio in questi giorni.
I detenuti hanno spiegato in un documento che la protesta – ora rientrata – e che consisteva nel rifiutare il carrello del vitto carcerario, arriva dopo mesi di segnalazioni senza risposte: le celle, spiegano, sono fredde, fredde le salette, i corridoi, le sale avvocati e le sale comuni. L’“abbandono strutturale”, spiegano, si tramuta nell’impossibilità di effettuare corsi, attività sportive e ricreative e di effettuare i colloqui con i familiari “in un ambiente accogliente e dignitoso”. Piove infatti dal tetto nel teatro (chiuso), nella palestra (chiusa), nella chiesa (chiusa), persino nella sala dei colloqui: gli incontri, spiegano i detenuti, si svolgono dunque da tempo in un corridoio. Sospesi anche i corsi, le attività ricreative: nel 2021, spiegano i detenuti, sono stati attivati corsi per 40 persone su 350. Inoltre, segnalano nel documento, non c’è stata nessuna comunicazione delle attività nelle bacheche e dunque «risulta incomprensibile il metodo di selezione dei partecipanti».
C’è poi il tema della salute, manca personale sanitario: «secondo la normativa del 2016 – si legge – dovrebbero essere in servizio 3 medici, un direttore sanitario, un vice e il medico di guardia, mentre esiste un solo medico per 700 detenuti. Noi detenuti non veniamo visitati se non per urgenze, nella maggior parte dei casi atti autolesionistici, e non si riesce mai ad andare alla visita medica segnandosi perchè non ti chiamano». Questo significa stare «giorni e giorni in balia del dolore senza medicine», perché senza una visita gli infermieri non somministrano farmaci. Significano «8-10 mesi di attesa per una visita specialistica, l’oculista non è pervenuto nella struttura». Impossibile poi ottenere misure alternative o essere messi all’interno di un percorso effettivamente di riabilitazione, che sarebbe secondo l’ordinamento italiano lo scopo della pena in carcere: educatori, psicologi e psichiatri sono oberati di lavoro e riescono a incontrare un detenuto se va bene ogni sei mesi, se va male una volta ogni 8 mesi. Il risultato?«Solo un detenuto su 700 è meritevole di fruire di permessi premio, che, come cita l'ordinamento penitenziario,. sono fondamentali per il reinserimento nella società di persone private della libertà per anni».
Sul carcere pesa inoltre la carenza di personale al Servizio tossicodipendenze dell’Asst: nell’istituto il 62% dei detenuti ha problemi di dipendenze ma ci sono un solo psicologo e un solo assistente sociale: «Questo fa sì che molti arrivino a fine pena senza risolvere i problemi di dipendenza che li hanno portati dentro», spiegano i detenuti.
E ancora: le docce sono ammuffite o non funzionanti in alune sezioni, mancano gli asciugacapelli, molte celle hanno solo acqua fredda (niente acqua calda per lavarsi o lavare le stoviglie), impossibilità di farsi la doccia per ore perchè l’agente – spesso da solo – non può aprire il cancello che separa le celle dalle docce.
Lo stesso Garante dei detenuti ha affermato che con la visita di questi giorni ha trovato l'istituto "in condizioni analoghe, se non peggiori, rispetto alla visita del 2017". L'impressione del Garante nazionale, si legge ancora nel documento, "è stata di trovarsi davanti al rischio di un carcere abbandonato a sé stesso con carenze di personale e di gestione: non ci sono a Pavia opportunità trattamentali e strumenti per rendere il tempo detentivo un tempo utile alla risocializzazione. All'estremo degrado di alcuni padiglioni si aggiungono le carenze di personale e risorse nell'area sanitaria". Il Garante ha avuto anche un incontro con i magistrati della procura per segnalare l'allarme sul "dato inaccettabile di tre suicidi in un mese".