«Fanghi inquinati? Io non lo sapevo». Il sindaco Falbo racconta la sua verità
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Il primo cittadino di Barbianello è coinvolto nell’inchiesta sulla Var di Belgioioso: «La telefonata al vigile è stata una leggerezza»
«La telefonata al vigile? Una leggerezza, di certo non volevo bloccare i controlli perché sapevo che i fanghi erano inquinati». Seduto sulla poltrona di primo cittadino che occupa da 27 anni, il sindaco di Barbianello Giorgio Falbo, finito agli arresti domiciliari, poi revocati, nell’inchiesta sui fanghi con al centro l’impianto Var di Belgioioso, ora racconta la sua verità. Dopo che, con la cancellazione degli arresti, è tornato nelle piene funzioni di sindaco, ieri sera ha riunito il gruppo di maggioranza per illustrare il suo punto di vista sulla vicenda, e, in mattinata, ha convocato la stampa.
«Ho deciso di chiarire ogni aspetto, visto che non ho fatto nulla e non ho nulla da nascondere» esordisce Falbo, che è procuratore della ditta di autotrasporti di famiglia, ora gestita dalle figlie, con una ventina di camion e una quindicina di autisti, specializzata nei trasporti di barbabietole agli zuccherifici e, ultimamente, di fanghi da spandere nei campi. Ed è proprio con questa attività che è venuto a contatto con la Var: «Noi lavoriamo con tante ditte che si occupano di spandimenti – aggiunge Falbo – Quando veniamo contattati noi mandiamo i camion, ma non sappiamo cosa viene caricato. Leggendo le carte dell’inchiesta, i miei legali mi hanno assicurato che non c’è una parola che confermi che io potevo sapere che la Var trattasse fanghi inquinati come sostiene l’accusa».
«Non erano loro»
Il primo cittadino di Barbianello arriva poi alla scorsa estate con la vicenda dei controlli sugli spandimenti a Mezzanino, all’interno della quale c’è stata la telefonata al vigile, intercettata dagli inquirenti, per chiedergli di non effettuare il sopralluogo chiesto dal sindaco Adriano Piras; telefonata che ha fatto scattare l’accusa di concussione.
Falbo ribadisce la tesi difensiva degli avvocati Luca Angeleri e Isabella Cerutti: «La ditta che ha effettuato gli spandimenti a Mezzanino non è nemmeno la Var, ma un’altra realtà che dista almeno 30 km da Mezzanino. La Var lì non è mai venuta» assicura.
«Per questi spandimenti ho messo a disposizione tre dei miei camion – racconta -. Un giorno sono stato contattato dalla vicesindaca di Mezzanino che mi ha detto che gli spandimenti in quel campo non si potevano fare perché era in area golenale del Parco del Ticino. Io le ho spiegato che non era vero e ho chiesto chiarimenti anche al Parco. Sembrava tutto risolto, quando il proprietario di un’azienda agricola, nei pressi del terreno, si è lamentato del passaggio dei mezzi e della puzza e ha chiuso la strada con una sbarra. Ci sono state tensioni tra gli autisti e l’agricoltore, tanto che sono intervenuti sia l’Arpa che i carabinieri, ma la questione per me era chiusa». E la telefonata al vigile? «È stata una leggerezza per colpa del mio carattere focoso – conclude Falbo -. Quando ho saputo che il vigile doveva fare un altro sopralluogo, gli ho detto che i controlli c’erano già stati e che poteva occuparsene il sindaco. Inoltre, si sarebbero create ancora tensioni con gli autisti. Ma non potevo ordinarglielo perché era una richiesta del sindaco di Mezzanino. Di certo non l’ho fatto per impedirgli di controllare i fanghi perché sapevo che erano inquinati».Oliviero Maggi