L’affondo di Zocca dopo le Provinciali: «Pd scomparso, ha perso il contatto con la gente»
San Martino Siccomario. «È stata una occasione persa per fare conoscere le nostre proposte». Nel giorno dell’investitura del candidato ufficiale del centrodestra Giovanni Palli a presidente della Provincia di Pavia, il capolista del Pd tira le somme di ciò che poteva essere e invece non è stato. Alessandro Zocca, sindaco di San Martino Siccomario, senza tessera del Partito Democratico, ma vicino all’area del centrosinistra, per qualche giorno era stato pure candidato presidente a Piazza Italia, salvo poi una retromarcia del partito che non aveva fatto in tempo a raccogliere le firme necessarie lasciando così spazio solo a una lista per eleggere i propri rappresentati in Consiglio Provinciale. Zocca è rientrato nell’ultimo slot disponibile, in quarta posizione dietro (in ordine di voti) a Elio Grossi, Giuliano Ruffinazzi ed Emiliano Scolè. Precisamente 4.194 voti ponderati che tradotto significa la preferenza di 52 persone tra consiglieri e sindaci; circa il 14% di quanto raccolto dal Pd in provincia.
Sindaco Zocca partiamo da sabato notte: cosa emerge dalla vittoria di Palli?
«Rispondo quanto ho sempre sostenuto: questo territorio ha bisogno di coesione. Giovanni Palli avrà un bel lavoro da fare per proseguire nel solco di Vittorio Poma. Prima di andare a competere con altre province sui fondi del Pnrr sarà necessario presentarsi compatti; un problema che avrebbe avuto qualsiasi vincitore».
Le premesse parlano di una Lega spaccata: frattura insanabile?
«Penso che il concetto ora scompare. Si dovrà lavorare con i territori e i sindaci; la componente partitica ha un significato relativo. Come presidente della Comunità montana spero che Palli spero interpreti dinamiche in maniera condivisa».
Veniamo al centrosinistra, come giudica la mancata candidatura di un presidente indicato dal Pd?
«La questione delle firme mancate mi ha sorpreso. Abbiamo perso una occasione importante per avere un distinguo a livello di presidenza. Nonostante la poca possibilità di vincere, avremmo almeno ribadito la nostra presenza. Il centrosinistra, comunque, aveva pochi voti di peso; per questo si è cercato sostegno nelle aree indipendenti, civiche ed ambientaliste».
Ha accettato lo stesso di essere capolista: una questione di appartenenza?
«Si è trattato di una candidatura di sacrificio; quella alla presidenza avrebbe aiutato a chiarire la nostra proposta. Con una lista solo per il Consiglio è diventato più difficile».
Rientra in Consiglio provinciale solo come quarto, se lo aspettava?
«Sì assolutamente, ero capolista ma sono entrato già a giochi fatti, quindi il procedimento è stato crearmi uno spazio elettorale e chiedere aiuto alla lista che ha contribuito alla mia elezione. A questo aggiungo il voto del Siccomario e altre preferenze di matrice ambientalista».
Insomma, esiste lontananza tra territorio e segreteria?
«Non mi sono sentito abbandonato dal partito, ma in diversi territori non vi è la capacità di comprenderne le problematiche; mi ha colpito molto trovare alcuni amministratori non ascoltati. In ogni caso non credo sia un problema solo del centrosinistra».
Conti alla mano, parte del centrosinistra ha votato Bargigia: come va interpretato questo dato?
«Molti lo hanno ritenuto un’alternativa più concertativa a un rappresentante di partito nominato dall’alto. Non possiamo nascondere il grande flusso di voti del Pd. Da fuori, sembra che prevalgano dei personalismi nel partito. Un meccanismo molto orientato alla discussione interna e non a presentare progetti che interessano al territorio. Certe operazioni sotto coperta spariranno». Alessio Molteni