Auto e moto nelle strade agricole dell’Oltrepo, il giudice ha annullato le multe: «Non c’erano cartelli»
foto da Quotidiani locali
VARZI. «Il divieto di accesso alla strada deve essere segnalato da un apposito cartello». Sembra un’affermazione banale, quasi tautologica. Eppure è la “massima”, se così si può definire, di una sentenza del tribunale civile di Pavia (la 1613/2023) con la quale, per la prima volta, si smonta (accogliendo il ricorso dell’avvocato Ugo Leonetti di Pavia, annullando le sanzioni e condannando alle spese la Comunità Montana) la procedura con la quale la Comunità Montana stessa, tramite forze dell’ordine, multava chi percorreva strade agricole, per la precisione, le strade agro silvo pastorali.
La vicenda
La vicenda non riguarda un motociclista da enduro (sarebbe un “classico”), ma quattro persone che avevano trascorso il Ferragosto in un’area verde raggiunta, appunto, tramite una di quelle strade. In quel caso, mancava il cartello di divieto di accesso. Un precedente che non è ardito definire “clamoroso” e che sta agitando la Comunità Montana: «Abbiamo letto la sentenza – dice il presidente dell’ente, Giovanni Palli – e siamo preoccupati. La questione sarà affrontata nella prima assemblea della Comunità e valuteremo se fare ricorso. Un fatto è certo: il nostro obiettivo era ed è quello di tutelare il territorio. Il rischio è che ora, proprio nella stagione più delicata, le moto e le auto da fuoristrada accedano nei nostri sentieri, danneggiandoli».
Ciò a cui fa riferimento Palli è che ad utilizzare quelle strade vietate sono, nella stragrande maggioranza dei casi, moto da enduro e potenti fuoristrada. E le polemiche, negli anni, sono state feroci, con scontri tra agricoltori e centauri. Ma deve essere chiaro: il tribunale non entra nel merito del divieto, assolutamente legittimo, ma nel modo in cui viene comunicato ai cittadini.
Il ricorso
In effetti, fa notare l’avvocato Leonetti nel ricorso, la Comunità Montana sostiene: 1) che i cartelli non sono indispensabili; 2) che i cittadini prima di avventurarsi in strade non note dovrebbero informarsi su internet, sui siti istituzionali. Peccato che le informazioni sulle strade agro silvo pastorali non siano presenti né sui siti dei Comuni, né su quello della Comunità Montana. Scrive in sentenza il giudice Giacomo Rocchetti: «Del tutto irricevibile (dalla Comunità Montana, ndr) è il richiamo al generale dovere del cittadino di “conoscere la legge” e di doversi informare, prima di percorrere “tali strade”, ad esempio attraverso internet o addirittura telefonando al Comune, pur in mancanza di apposita cartellonistica in loco, per sapere su quali strade è possibile circolare con mezzi motorizzati e su quali, invece, vige il divieto al transito ordinario. Al di là del fatto che la “pubblicazione” dei regolamenti e dei provvedimenti amministrativi non può mai equivalere ovvero sostituire l’obbligo di segnalazione del divieto, l’assunto difensivo è insostenibile sia in fatto che in diritto».
«Logica contorta»
Sul tema, aggiunge l’avvocato Leonetti: «Se dovesse passare la logica contorta che i cartelli non servono perché le informazioni sono reperibili in internet, ogni Comune si sentirebbe legittimato a fare sparire i cartelli di “centro storico”, di divieto di accesso o senso unico perché comunque si tratta di informazioni reperibili in internet. Seguendo detta contorta logica, per fare una passeggiata nei boschi il cittadino dovrebbe studiarsi per ore la viabilità di tutti i Comuni ove intende andare a fare la passeggiata. L'assunto che spetta all'utente l'onere di informarsi è pure contrario ai principi cui dovrebbe ispirarsi la pubblica amministrazione, il cui compito è semplificare la vita dei cittadini e non complicarla. In realtà, la posizione della Comunità Montana è solo di convenienza perché non posando i cartelli obbligatori risparmia ed in più incassa sulla pelle dei poveri disgraziati (raccoglitori di funghi e castagne, cacciatori, amanti della natura, amanti del fuoristrada con auto e moto)». —
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