Piazzola sul Brenta, lavoro nero e clandestino: patteggiamento per due artigiani

Erano finiti sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina come per intermediazione illecita nonché per sfruttamento di manodopera. Tradotto, caporalato. Non nei campi coltivati ma dentro uno dei tanti capannoni che popolano la campagna Padovana, nel territorio comunale di Piazzola sul Brenta.

E così per evitare il rischio di un processo una coppia di cinesi ha chiesto di patteggiare la pena di un anno e 10 mesi: sarà il gup (giudice dell’udienza preliminare) a valutare se quella sanzione concordata potrà essere giudicata sufficiente.

Gli imputati

Sul banco degli imputati Bingqi Xu, 43 anni (difeso dall’avvocato Paolo Zorzi) e Yandan Xu, 46 (avvocato Marta Michelon), residenti a Piazzola in via Grantorto. È nel gennaio 2023 quando il pm padovano Sergio Dini ordina un’ispezione in due capannoni a Piazzola in via Grantorto entrambi sedi di laboratori tessili.

Sul posto arrivano i carabinieri con l’Ispettorato del lavoro: i primi sospetti erano stati alimentati da uno strano viavai di cinesi notato in zona. Dopo una serie di osservazioni da parte dell’Arma, erano state introdotte delle telecamere in uno dei due capannoni e le immagini raccolte avevano confermato un’attività artigianale fuori regola.

Nel primo edificio, al civico 199 e sede di Huashen Moda di cui è risultato titolare Bingqi Xu, vengono sorprese a lavorare dieci persone, tra loro ben sette sono clandestine, tutte nate fra il 1972 e il 1996, prive di documenti di identificazione oltreché di permesso di soggiorno.

Non troppo diversa la situazione nell’altro immobile, nel civico 38 della stessa via, dove aveva trovato spazio prima la ditta Confezioni Regina, intestata alla moglie Yandan Xu, e poi la società Lc srls affidata a un altro amministratore sempre di nazionalità cinese: pure qui 12 i lavoratori, solo cinque quelli in regola, tre i clandestini (nati tra il 1985 e il 1995) e quattro quelli in nero.

La situazione

Precarie le condizioni di lavoro da inquadrare in un contesto di sfruttamento della manodopera: non garantite le regole in materia di sicurezza come gli standard minimi dal punto di vista igienico, almeno stando alle conclusioni della procura.

Nessuna formazione per gli operai, strumento indispensabile per evitare infortuni. In più gli ambienti lavorativi sono totalmente inidonei mancando uscite di sicurezza, controlli semestrali degli estintori come la necessaria manutenzione delle attrezzature e la prevenzione dei rischi elettrici. Gli orari? Senza limiti e gli alloggi riservati ai lavoratori in condizioni pietose.