Udine, i 150 immigrati "invisibili" stipati alla Cavarzerani
Vivono senza assistenza e servizi nell’ex caserma in un’area abbandonata a se stessa. Sono richiedenti asilo, per lo più provenienti dal Bangladesh, censiti dalla prefettura, ma che non hanno trovato posto negli spazi ufficiali dell’accoglienza cittadina
Negli spazi dell’ex caserma Cavarzerani di via Cividale, accanto ai 550 ospiti registrati, ce ne sono altri 150 che vivono in un’area abbandonata a se stessa, senza assistenza, né cibo, né servizi igienici.
Si tratta di richiedenti asilo, per lo più provenienti dal Bangladesh, che sono stati censiti dalla prefettura, ma che non hanno trovato posto negli spazi ufficiali dell’accoglienza cittadina.
Occupano quindi un’ala del Cas (Centro di accoglienza straordinaria) dell’ex Cavarzerani, senza però poter usufruire dell’assistenza da parte di chi quella struttura la gestisce, e cioè la cooperativa Medihospes.
A denunciare la situazione venutasi a creare è la rete Dasi Fvg (Diritti accoglienza solidarietà internazionale) che ha stilato un report sulle persone fuori accoglienza in città presentato ieri al Centro Balducci di Zugliano. Nel documento questi 150 migranti accampati alla bell’e meglio in uno stanzone che loro chiamano “moschea”, vengono definiti come «una babele di corpi resi invisibili».
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Il REPORT
Quanto realizzato dalla rete di associazioni impegnate nella difesa dei diritti di migranti e richiedenti asilo è frutto di un lavoro iniziato la scorsa estate. I volontari hanno raccolto le testimonianze di chi è accolto nell’ex caserma, venendo a conoscenza di richiedenti asilo non registrati nelle liste ufficiali, e quindi esclusi dai servizi di accoglienza e assistenza.
Sono stati proprio i volontari della rete Dasi Fvg, negli ultimi mesi, a distribuire beni di prima necessità a queste persone, diffondendo anche informazioni su come ricevere il supporto che, per il loro status giuridico, lo Stato dovrebbe riconoscergli. «L’intento del report – ha chiarito il presidente del Centro Balducci, Paolo Iannaccone – è offrire un contributo al miglioramento delle condizioni di vita delle persone senza accoglienza.
Consegniamo agli organi competenti questo lavoro, affinché contribuisca a portare scelte di umanità foriere di un futuro più dignitoso per tutti».
Un documento che, come ha spiegato Rossella Margulli, è stato redatto conquistando la fiducia degli ospiti della Cavarzerani, «raccogliendo testimonianze dirette con sopralluoghi settimanali durati mesi».
LA “MOSCHEA”
Davide Castelnuovo e Laura Pagliari hanno raccontato le condizioni in cui queste 150 persone sono costrette a vivere: «Parliamo di una grande stanza situata in un’area dismessa dell’ex caserma, dove sono state ammassate decine di brande per i migranti esclusi dai canali ufficiali dell’accoglienza.
Qui si vive in una condizione di sovraffollamento, senza privacy e senza il rispetto delle norme sulla sicurezza – hanno precisato i due volontari –. Non sono stati raccolti riscontri su momenti dedicati alla pulizia degli spazi da parte di terzi, né sulla fornitura dei mezzi necessari a perseguire questi obiettivi in autonomia».
Si tratta di giovani uomini in arrivo in larga parte dal Bangladesh, con una piccola componente originaria del Marocco. Per il cibo, queste persone si rivolgono alla mensa gestita dalla Caritas in città, utilizzano gli avanzi dalla distribuzione dei pasti nei padiglioni ufficiali del Cas o cucinano direttamente tra le brande.
Un’altra criticità segnalata è quella dei servizi igienici: ce ne sono 52 (38 dei quali sono latrine alla turca) per i 550 ospiti “ufficiali”, che vengono utilizzati anche dalle 150 persone della “moschea”.
«Un bagno ogni 14 persone: è evidente il mancato rispetto delle più basilari norme igienico-sanitarie», hanno aggiunto i due volontari.
LE PROPOSTE
È toccato a un’altra volontaria della rete, Annalisa Comuzzi, riassumere le proposte fatte a prefettura e Comune: dal garantire l’accoglienza alle persone che ne hanno diritto reperendo nuove strutture idonee all’incremento dei trasferimenti dei richiedenti asilo da Udine verso i Cas di altre città italiane, dall’incremento dell’accoglienza diffusa all’ampliamento della rete dei dormitori in città per tutto l’arco dell’anno e non solo per i mesi invernali.
«Riteniamo - è la chiosa di Iannaccone - che la politica debba esprimere coraggio, lungimiranza e capacità di progetto, traducendo sul piano pratico i valori della solidarietà e della giustizia sociale, dando sostegno alle persone più fragili e svantaggiate, troppo spesso condannate all’invisibilità e alla marginalità».