Ventisei pietre per ricordare i deportati nei campi di sterminio, a Venezia un memoriale all’aperto
foto da Quotidiani locali
Torna il giorno della memoria e, con questo, la posa delle nuove pietre d’inciampo, iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, per ricordare i deportati nei campi di sterminio nazisti.
Sono 26 quelle installate quest’anno, di cui tre a Mestre.
«Si tratta di uno dei momenti più importanti e significativi» ha commentato la presidente del Consiglio comunale, Ermelinda Damiano, «perché ci restituisce la crudeltà e l’orrore dei campi di sterminio nazisti. Mi auguro che Venezia resti un presidio di libertà, contro ogni forma di razzismo e violenza».
Anche per Marco Borghi, presidente della Municipalità di Venezia, Murano e Burano, le pietre sono «uno degli strumenti più potenti ed efficaci per non dimenticare ciò che è stato». Borghi ha infatti ribadito che le città vivono la memoria nel presente e una pietra obbliga a fermarsi, ad abbassare lo sguardo e a inchinarsi di fronte a una storia con cui fare pace è spesso ancora difficile.
Che l’iniziativa sia importante, si vede anche dalla sinergia degli enti coinvolti, dal Comune di Venezia alla Comunità ebraica, ma anche l’Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea (Ivser), il Centro tedesco di studi veneziani, la Municipalità e il Consiglio d’Europa.
Tuttavia, Venezia è solo un tassello di quello che è diventato un vero e proprio memoriale a cielo aperto che coinvolge 31 paesi europei.
Sono 100 mila le pietre d’inciampo posate da quando, nel 1995, venne installata la prima a Colonia, su idea di Gunter Demnig che si dice soddisfatto, anche se racconta di come, dopo lo scoppio del conflitto in Medio Oriente, abbia assistito ad una maggior reticenza nella posa delle pietre. «Nei Paesi Bassi, sei comuni hanno rinviato l’installazione, lo scorso autunno» spiega.
A Venezia, il percorso della memoria ha avuto inizio nel 2014, con la posa di 12 pietre davanti alla Casa israelitica di riposo, al Ghetto. Da allora, di anno in anno sono cresciute, arrivando a quota 185.
«Queste umili pietre» ha dichiarato Luisella Pavan Woolfe, direttrice della sede veneziana del Consiglio d’Europa, «non ci parlano del grande dramma del genocidio, ma ci raccontano le storie delle persone che da queste case sono partite per non tornare più».
Tra queste, Elia Gino Musatti, nato il 20 luglio del 1877, nel 1943 lasciò la sua casa a Castello 3458, nei pressi della Salizada dei Greci, per rifugiarsi al Fatebenefratelli, ma, durante le retate degli ospedali, fu trasferito prima nella sala di custodia del Civile e poi a San Servolo e infine, nel 1944, al campo di concentramento di Ravensbruck, dove morì lo stesso anno.
Ora, davanti alla porta dove ha vissuto, una pietra lo ricorda. Una pietra che fa inciampare, non fisicamente ma metaforicamente, nell’esistenza delle vittime della storia.
«Una storia che non ci insegna nulla, e ciò che sta avvenendo ce lo ricorda» commenta, non senza una punta di amarezza, Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica, pensando a ciò che sta succedendo in Medio Oriente.
«Non possiamo compensare i delitti della storia con altri crimini, altrimenti diventiamo bestie» ha continuato, «noi della Comunità siamo testimoni di quanto sta accadendo, partecipiamo ma non siamo gli attori principali, questo ci fa sentire meno soli e lo dico con affetto e gratitudine, perché spesso nei decenni successivi alla Shoah siamo stati lasciati soli in modo molto pesante.
Così, abbiamo introiettato molto dolore che non si cancella facilmente» conclude, non nascondendo di essere rimasto commosso quando, qualche giorno fa, ha visto dei giovani studenti tedeschi in gita pulire delle pietre d’inciampo al Ghetto.
«Hanno metabolizzato la storia più di noi, che siamo stati vittime e carnefici, non dimentichiamolo. Settimana scorsa ho incontrato la ministra tedesca Claudia Roth, un momento così con il governo italiano non l’ho mai avuto».
Chi sono: bambini, giovani coppie e fratelli tra i deportati
Le pietre d’inciampo posate in questi due giorni ricordano a Castello Elia Gino Musatti (3458), Rosalia Luzzato (5117), Adele e Alice,Coen (6664) e Regina Brandes (4238). A Cannaregio, Renzo Sorato (4927), Giacomo, Mosè e Regina Polacco (4228), Paola Sonino (2278), Elvira Pardo (2897), Carlotta Cantoni (2894), Angelo Limentani ed Eugenia Loewenthal (2874), Anna Jarach (1215).
Nel sestiere di San Marco sono stati invece ricordati Giuseppe Boralevi (512) e Bellina Lina Augusta Colorni (2151).
A Dorsoduro è stata posata una pietra d’inciampo per ricordare Cesare Salomone Luzzatto ed Elisa Popper (2582), a San Polo è stato il turno di Carlo Caselli (2283) e Gildo Barbon (1759).
La posa delle pietre d’inciampo è avvenuta anche in terraferma. In via Bembo 1, a Mestre, è stato ricordato Angelo Colombo, in via Terraglietto 12 Gugliemo Trabacchin, mentre a Favaro, in via delle Muneghe l’installazione ha ricordato Luigi Milani