Rsa veneziane senza personale e anziani in attesa. «Mentre l’età cresce, la politica disinveste»
Sempre più longevi, ma anche più soli, chiusi in casa e senza aiuti, spesso anche quando hanno problemi sanitari, perché la medicina territoriale non sempre riesce a fornire le risposte necessarie.
E pure impoveriti, perché le pensioni sono basse, altri sussidi non se ne vedono, e il costo della vita è sempre più caro. Mentre la terza età si fa sempre più difficile, tra patologie multiple, solitudine, strutture residenziali (rsa) troppo care e posti letto che mancano, la politica sposta lo sguardo altrove. A confermarlo, non senza scuotere la testa, è Roberto Volpe, presidente dell’Unione regionale degli istituti per anziani della regione veneta (Uripa).
«Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo, ma non abbiamo investito sulle rsa nemmeno con il Pnrr, un’occasione sprecata, come tante altre in questi anni». Volpe spiega come il tema della non autosufficienza non rientri nell’agenda del Governo, «ma non solo di questo, nemmeno di quelli prima» precisa aggiungendo che, in ogni caso, «la politica è più che consapevole del problema, ma lascia che sia il ministro o l’assessore di domani a doverlo affrontare quando sarà il momento».
Ogni giorno, Volpe riceve miriadi di chiamate da parte di famiglie disperate, che hanno bisogno di un posto letto in una rsa e non lo trovano e, di conseguenza, non sanno più cosa fare, come comportarsi, come gestire l’anziano che ha bisogno di un’assistenza che i parenti non riescono a dare. Questo perché i letti nelle strutture sono pochi se paragonati al bisogno, in costante crescita.
«Anche se i posti ci fossero, mancano gli operatori» continua Volpe, sottolineando che le case di riposo del Veneto avrebbero bisogno di circa un migliaio di infermieri in più. «Il primo tema è quello del personale, ma non si riesce nemmeno ad avere il coraggio di pensare che serva l’immigrazione guidata» commenta, riferendosi alla polemica legata alla presenza in alcune rsa di infermieri provenienti dall’estero, arrivati in Veneto tramite delle cooperative. Un discorso spesso divisivo, tra chi ritiene che non sia una prassi sicura, sia per l’equivalenza dei titoli di studio che per la padronanza della lingua, e chi non vede alternative per garantire l’assistenza socio sanitaria agli anziani.
«C’è poi il tema delle rette» prosegue Volpe, «il Fondo della non autosufficienza nazionale è meno della metà di quello regionale, ma non possono essere solo gli enti locali a far fronte al problema». Tra i costi troppo alti e spesso inaccessibili alle famiglie, i posti letto non sufficienti e il personale che manca, Volpe non ha dubbi: «Ci troviamo nel mezzo di una tempesta perfetta, gli anziani non autosufficienti saranno sempre di più e i numeri ci travolgeranno» afferma, senza alcuna esitazione. Le prospettive, insomma, non sono delle migliori dal momento che si tratta di «un problema strutturale di un Paese che non sta pensando alla valanga che ci travolgerà nei prossimi anni rispetto al tema della non autosufficienza».