Il procuratore Tesserin dopo aver lasciato l’incarico: «Nove anni meravigliosi di sfide e soddisfazioni»
Si porterà sempre nel cuore la bellezza della Basilica di San Marco, ma a 86 anni e dopo 68 di lavoro, il primo procuratore Carlo Alberto Tesserin ha deciso di lasciare l’incarico iniziato nel 2015.
Nove anni intensi che lo hanno visto prendere servizio dopo lo scandalo delle mazzette del Mose, in prima fila nella battaglia per mettere in sicurezza San Marco e testimone degli anni della pandemia quando la Piazza era vuota, ma la chiesa sempre aperta.
Tesserin lascia dopo tre mandati, a pochi mesi dalla fine dell’ultimo che si sarebbe concluso ad agosto. Nei prossimi giorni la Procuratoria deciderà di redistribuite le deleghe per sostituirlo. Ora Tesserin, dalla sua Chioggia, si riposa sognando il giorno in cui le cinque cupole verranno illuminate per trasmettere anche di notte la meraviglia dell’edificio sacro. «Sono grato di aver potuto imparare tanto lavorando, ogni giorno».
Tesserin, cosa si ricorda del suo primo giorno da primo procuratore?
«Se penso a quel giorno inevitabilmente penso a quello che mi ha portato a quel giorno. Non avrei mai pensato di essere nominato primo procuratore, ma la vita mi ha fatto percorrere strade che mi hanno portato ad acquisire tante competenze su Venezia e i suoi problemi. Quel giorno ho iniziato una battaglia per far capire a Roma l’importanza di ultimare il Mose, per mettere in sicurezza la Basilica e per trasmettere al mondo la bellezza che abbiamo ereditato e che non possiamo distruggere».
Quando ha iniziato a occuparsi di Venezia?
«Dopo il diploma di Ragioneria, a 18 anni ho iniziato a lavorare in quella che era la Centrale del Latte di Chioggia fino a diventarne anche dirigente. Mi diedi alla politica quando Costante Degan della Dc, prima sindaco di Venezia e poi ministro della Salute, mi chiese di candidarmi in Regione, incoraggiandomi. Rimasi in Regione per 25 anni con diversi incarichi prima per la Dc e successivamente con Forza Italia. Con Forza Italia venni incaricato di occuparmi dei problemi di Venezia e di rappresentare il Veneto a Roma. E così, a quasi 77 anni, pensavo di aver terminato il mio percorso, quando ricevetti una chiamata dal patriarca Francesco Moraglia, appena arrivato a Venezia, chiedendomi se volevo dargli una mano per la situazione della Basilica e per mantenere i rapporti con Roma».
Lei ha iniziato nel 2015, un anno dopo lo scandalo Mose. Che rapporti c’erano con la capitale?
«Terribili. Nessuno ne voleva più sapere nulla del Mose. Non si voleva più investire un soldo e nessuno capiva che, al di là di quello che era successo, l’opera era necessaria per Venezia».
Quali sono state le sfide da primo procuratore?
«Tante, anche perché sono arrivato in quel momento difficile, poi il fenomeno dell’acqua alta è aumentato anno dopo anno, poi è arrivata la pandemia e la seconda acqua alta più importante della storia. Quando mi sono insediato ero preoccupato perché avevo timore di non essere all’altezza, ma poi mi sono reso conto che negli ultimi decenni mi ero impegnato tanto per Venezia e che conoscevo il territorio. Non dimentichiamo che sono un chioggiotto nato a Chioggia e che ho sempre vissuto con i piedi in acqua e sono che cosa vuol dire sulla mia pelle».
Quali sono i ricordi più belli che ha di questi nove anni?
«Abbiamo lottato tantissimo per difendere la Basilica dal sale. Ho avuto la fortuna di imparare da questo luogo meraviglioso e di cercare ogni giorno di farne conoscere la bellezza a tutto il mondo. Abbiamo fatto tanto, ma è ancora poco. Ci sono tantissimi marmi da desalinizzare e alcuni lavori che renderebbero la Basilica ancora più bella, come l’illuminazione delle cupole che sono le più belle del mondo. Non posso però dimenticare la notte del 12 novembre 2019 quando vidi la cripta allagata e pensai che se non si fosse fatto qualcosa per San Marco avremmo rischiato davvero di perderla».
Che cosa le ha dato questa esperienza?
«Ci dimentichiamo spesso la capacità che ha la Basilica di San Marco di unire campi apparentemente lontani attraverso la bellezza, una bellezza ispiratrice. La Basilica da secoli unisce l’Occidente e l’Oriente, la religione e la laicità. Trovo che questo aspetto sia un valore immenso e ancora contemporaneo che dobbiamo tramandare, valorizzando sempre di più questo patrimonio che è di tutto il mondo».