Chirignago, raid punitivo al bar: «Sono arrivati in otto con le spranghe»
Un pugno a lei, dietro al collo, uno al marito, al mento. Ma poteva andare molto peggio, visto che la discussione sul conto era degenerata in un raid con tanto di spranghe di ferro.
E, dodici ore dopo, Lisa sospira esasperata da uno dei tavolini del bar, dove sta aiutando i figli piccoli coi compiti, senza mai mollare la gestione del locale: «Cosa possiamo fare? Io vorrei impedire l’accesso a certa gente, ma è la polizia stessa a dirci che non è possibile, l’unica cosa che posso provare, mi hanno detto, è alzare i prezzi».
La donna, che come il marito non ha avuto neppure il tempo di farsi curare al Pronto soccorso, sabato sera si è vista bersaglio di un assalto in forze: «Tutta colpa di un paio di persone, che erano qui da mezzogiorno, a bere», racconta.
«Alle otto ho chiesto loro di saldare, avevano già accumulato 300 euro di consumazioni. Ma loro non ne hanno voluto sapere».
I due, apparentemente di etnia sinti, si sono fatti aggressivi, tanto che uno degli altri clienti si è messo in mezzo per proteggere la titolare: «Ero da sola: qui ci siamo solo io e mio marito, ma lui parla cinese e pochissimo italiano, quindi se uno dei due deve mettere a letto i bambini quella che resta qui sono sempre io».
L’intromissione dell’altro avventore però è stata l’ultimo affronto per i due esagitati, che se ne sono andati solo per tornare accompagnati da altri sei loro amici: «In un attimo sono piombate qui due macchine, dai bagagliai si sono presi le sbarre di ferro e hanno cominciato a scatenare l’inferno, dentro e poi fuori dal locale».
Lo conferma anche Marina, la vicina, il cui cortile confina con il plateatico esterno dello Snack Bar Trieste: «I miei tre pastori tedeschi erano come impazziti, ho dovuto portarli dentro per evitare che provassero a intervenire. E a mio marito, che non è in salute, ho raccomandato di restare in casa.
Ma ho visto le auto arrivare e la squadra scendere all’attacco». Nel frattempo anche il compagno di Lisa era arrivato da casa, solo per rimediare un colpo al viso, come d’altronde è successo alla moglie.
Solamente le sirene di polizia e carabinieri hanno messo in fuga il gruppo di violenti, che pare si sia spostato dalla centrale via Trieste alla più nascosta via del Parroco, prima di sparire definitivamente.
Anche ieri Marina, temendo strascichi, è scesa da sola per il caffé, ma Lisa assicura: «Dopo questa confusione i due non si faranno vedere per qualche giorno, viceversa avrò finalmente la scusa per chiamare la polizia.
Ma il problema a lungo termine rimane: senza episodi di questo tipo io non posso rifiutare il servizio a nessuno, la legge non me lo consente. Al contrario, quando a un tavolo ho seduti certi soggetti sono io stessa a consigliare ai miei clienti di stare alla larga, di restare all’esterno o di bere in fretta e allontanarsi. Come è possibile che non si possa fare niente di più?».
La donna, esasperata, mormora a proposito della possibilità di vendere il locale e cambiare lavoro: «Ho due bambini piccoli, non vale la pena rischiare tanto. Cosa devo fare, alzare i prezzi davvero quando entrano queste persone? Chiedere 50 o 100 euro per una birra, pretendendo il pagamento immediato? E se rispondono con i pugni, una sera in cui sono da sola?».