Guerra Russia Ucraina: per la vittoria non bastano i soldi

La vittoria di una guerra si può comprare? Vi sembra una domanda sciocca? Io credo invece che si tratti di un quesito attuale e sensato, perché sono convinto che i vertici di alcuni Paesi occidentali pensino di sì, che vincere una guerra sia solo questione di mettere mano al portafogli. Non si spiega altrimenti la fiducia assoluta con cui, a suon di decine di miliardi, Europa e America hanno investito nella vittoria dell’Ucraina e nella conseguente sconfitta della Russia. Come se si trattasse di scommettere su una buona azione in Borsa, come se si pianificasse una strategia commerciale, Unione e Stati Uniti, insieme ad alleati come il Canada, il Giappone e l’Australia, hanno deciso che il successo sarebbe dipeso dagli stanziamenti e dal peso delle sanzioni contro il nemico. A questa visione economicista, poi se n’è aggiunta un’altra ancora più ingannevole: la certezza che, essendo dalla parte del bene, il conflitto non potesse che essere vinto. La democrazia contro la tirannide. La libertà contro la dittatura. La pace che trionfa sulla guerra. Come se si trattasse di un kolossal di Hollywood. Ma quello che vediamo in Ucraina non è un film in cui per esigenze di copione è previsto il lieto fine. Non si tratta di una sceneggiatura, ma della vita reale, dove le cose non sempre vanno nel verso che piace al regista e al pubblico.

Cominciamo col dire che non tutto si può comprare. Non bastano i soldi per vincere una guerra. Altrimenti gli Usa non sarebbero stati costretti a ritirarsi malamente dal Vietnam e dall’Afghanistan e il conflitto tra palestinesi e israeliani sarebbe risolto da un pezzo. La grande potenza internazionale che fugge abbandonando sul teatro di guerra uomini e mezzi è un’immagine che basta e avanza per spiegare che in uno scontro bellico non sempre vince chi ha più soldi, ma chi, pur armato male, è determinato a combattere.

Poi c’è la questione che non sempre il male è sconfitto dal bene. La storia è piena di esempi e non bastano due conflitti mondiali a ribaltare la realtà. In Vietnam, per esempio, ha vinto il male, ovvero i comunisti. Come a Cuba, dopo il disastro della Baia dei porci. E in Corea del Nord, dopo anni si è giunti a una tregua armata tra bene e male. Se il primo trionfasse sempre sul secondo, dovremmo già da tempo aver debellato i tagliagole islamici che minacciano il Medio Oriente e la stessa Europa. Ma anche in questo caso, non siamo al cinema e non stiamo vedendo una serie televisiva dove i buoni sconfiggono sempre i cattivi.

Purtroppo, il conflitto in Ucraina si regge sui due assunti che ho appena indicato. Ovvero c’è chi crede che il trionfo dell’Occidente sia solo una questione di soldi, perché di qua, con Kiev, ci sono i Paesi economicamente più solidi, quelli che possono mettere sul banco centinaia di miliardi, e per di più alla loro potenza economica si aggiunge quella morale. L’equazione del denaro sommato al bene, secondo taluni avrebbe dovuto produrre per forza una vittoria. Ma a distanza di due anni, siamo costretti a constatare che le cose non stanno così, ma che anzi il risultato rischia di essere il contrario di quanto ci saremmo aspettati. La forza dei miliardi non sempre si traduce in una forza militare capace di respingere l’invasore. Perché poi a combattere devono essere gli uomini e purtroppo quelli scarseggiano in quanto chi sostiene l’Ucraina pensa che i principi, ossia la libertà e la democrazia, vadano difesi, ma in trincea ci devono essere i soldati di Kiev e non quelli di Stati occidentali che non sarebbero mai in grado di giustificare di fronte alla propria opinione pubblica i probabili morti. E così, come le sanzioni miliardarie, non funziona neppure la sanzione morale. Stare dalla parte del bene, delle cose giuste da fare, della democrazia e della libertà, non garantisce alcun vantaggio, soprattutto se hai di fronte una dittatura che, a differenza dell’Occidente, non deve rendere conto a nessuno delle centinaia di migliaia di vittime, ossia di quei soldati sacrificati in nome della vittoria.

Ecco, sono questi i grandi equivoci che stanno alla base del conflitto in Ucraina. Dunque, si capisce il Papa che all’improvviso dice ciò che molti pensano ma non hanno il coraggio di esprimere: quando si va verso la sconfitta non ha senso mandare a morire altre migliaia di persone, meglio arrendersi. Purtroppo, per chi fa la guerra a tavolino, discutendo di principi e non di persone in carne e ossa, questa non è un’opzione. La tregua, la pace anche se armata, la negoziazione di fine armistizio non sono contemplate. I fondi non possono essere stati spesi inutilmente, perché la regola prevede un ritorno dell’investimento. E il bene non può perdere sul male. Dunque, avanti con la guerra, fino alla fine. Cioè fino a che i soldi non saranno esauriti o non ci saranno più soldati da mandare in trincea a rischiare la vita.