Caivano, l'assessore che vendeva la città

Caivano, comune napoletano di 35 mila abitanti, non ci sono laghi o fiumi ma ci nuotano comunque i piranha. Sono i politici che vogliono la tangente e i camorristi che pretendono il pizzo. Insieme addentano famelici le carni molli degli imprenditori che, pur di accaparrarsi qualche lavoro con l’amministrazione comunale, foraggiano gli uni e gli altri sulla pelle dei cittadini. Carmine Peluso era uno dei piranha. Faceva il commercialista prima di rovinarsi con la politica. Nel settembre 2020 è stato eletto consigliere comunale con la civica «Orgoglio campano» ed è entrato subito dopo nella giunta di centrosinistra come assessore ai Lavori pubblici e manutenzione. L’inizio della (sua) fine.

Qualche mese fa è stato arrestato in un’inchiesta su appalti pilotati e malavita insieme ad altre otto persone. E, da qualche settimana, ha deciso di pentirsi. Raccontando come la camorra si sia impossessata della città e dei suoi centri decisionali. Ai pm antimafia della Procura di Napoli, Rosa Volpe e Francesca De Renzis, il colletto bianco si è presentato esibendo questo biglietto da visita: «Nei rapporti con gli imprenditori io ero il “garante” per conto del clan». Quello che vende quintali di droga nel famigerato Parco Verde dove, l’anno scorso, due cuginette sono state stuprate nell’indifferenza generale, e dove l’assegnazione degli alloggi popolari viene decisa dal «rating» di affidabilità mafiosa: meno si vede, più a lungo si vive.

Appena insediato, il neoassessore è andato a farsi dare la benedizione dal padrino e dal suo braccio destro e a prendere istruzioni. «Gaetano e Antonio Angelino (...) mi dissero che tutte le ditte che vincevano le gare a Caivano (...) dovevano versare loro l’estorsione» ha spiegato Peluso. Per le aziende del posto, invece, era già tutto organizzato. «Queste già sapevano che dovevano presentarsi e, qualora ci fossero stati dei problemi, sarebbero stati i due boss a indicarmi le ditte che dovevano aggiudicarsi i lavori». Un sistema criminale basato sulla complicità di funzionari e dipendenti comunali che arrotondavano lo stipendio con qualche sulfureo fuori busta. Come tal Martino Pezzella, un tecnico esterno in rapporti professionali con l’amministrazione locale. Era lui, si legge nei verbali, a comunicare a Peluso «l’importo delle richieste estorsive desiderate dal gruppo di Angelino ed io, dopo tre o quattro giorni, mi recavo sul cantiere, dove mi presentavo a nome del clan, ad avanzare la richiesta della somma di denaro da versare a titolo estorsivo». L’assessore centauro: metà politico, metà malvivente. Il tariffario era vario: dai mille euro per i lavori di piccolo cabotaggio fino ai 50 mila per quelli del Pnrr, la miniera d’oro su cui si sarebbero tuffati volentieri i piranha se non fossero scattate le manette.

A fargli da sponda nel gioco criminale, ha aggiunto Peluso, era il funzionario comunale Vincenzo Zampella, il collettore delle richieste dei politici che volevano far mangiare un pezzo di torta anche alle imprese amiche. «Zampella con l’amministrazione Falco ha avuto un potere enorme» ha specificato l’ex assessore estorsore, «poiché aveva in mano tutto l’ufficio tecnico. Era lui a pilotare le gare d’appalto a suo piacimento e qualche imprenditore gli versava pure il “regalino”». Oggi Caivano è governata dai commissari prefettizi dopo lo scioglimento del consiglio comunale deciso nell’ottobre 2023 dal governo Meloni, a conclusione di una lunga e impegnativa guerra al malaffare cittadino che ha viste impegnate magistratura, forze dell’ordine e istituzioni nazionali non solo in attività di prevenzione e repressione dei reati ma anche, e soprattutto, nell’elaborazione di piani di rilancio e sviluppo di un territorio da decenni abbandonato a se stesso. All’epoca di Peluso tutte le decisioni erano, invece, in capo a un ristretto direttorio che ingrassava la cosca Angelino coi denari delle gare municipali. Caivano era Gotham city, ma senza Batman.

Nessuno verificava la regolarità delle opere e i meccanismi di affidamento né la maggioranza giallorossa (Pd, Cinque stelle e Italia viva) dava segnali di intendere e di volere. Tanto c’era l’assessore centauro a garantire per tutti. «Il funzionario delle finanze (...) non controllava nulla e non aveva neanche il computer per lavorare, ma si fidava di noi e ci metteva a disposizione la somma richiesta». Prima venivano eseguiti (su carta) i lavori, poi era creata la finta gara che giustificasse i pagamenti. Alla fine tutti erano contenti, meno che i cittadini cui erano negati i servizi essenziali. La lezione di economia criminale del «professor Peluso» termina con queste parole: «Era stato instaurato un sistema che operava come due strade parallele, nel senso che (...) le ditte che versavano le mazzette (ai politici, ndr) pagavano anche le estorsioni (...) sembravano due strade parallele ma che alla fine si incrociavano». Una nuova forma di geometria disegnata dalla camorra del Parco Verde.