La fine triste, e scontata, della favola della Scuola di Pioltello
È ufficiale: è stata tutta un’enorme fregatura. Quella nata come una vicenda dagli altissimi valori di inclusione, di compartecipazione ed educazione si è trasformata in una farsa o, per dirla nel linguaggio dei ragazzi di quella scuola, una enorme «figura di m…..».
Stiamo parlando (ancora ma stavolta speriamo sia davvero l’ultima) della scuola di Pioltello, quella sorta agli onori della cronaca per la sua decisione di dichiarare festivo il giorno della fine del Ramadan ; una scelta fatta a favore di quel 40% degli studenti dell’istituto che sono musulmani e che quel giorno a scuola non ci vanno. Così ecco il calendario scolastico adeguato all’idea di incisività, tra mille e più polemiche politiche. «Tranquilli - ci rassicurarono allora il preside, i docenti ed anche il sindaco della città alle porte di Milano - gli studenti non perderanno ore di lezione; il giorno di chiusura per la fine del Ramadan verrà recuperato…».
E, indovinate un po’ qual è stata la data scelta per questo recupero? Proprio nel bel mezzo del ponte del 1 maggio, senza pensare al fatto che gli italiani di solito quasi giorni ne approfittano per una beve vacanza, appunto, per il famoso «ponte». Risultato: le classi erano semi-vuote, giorno di scuola di fatto perso.
«Era prevedibile - dicono i genitori italiani della scuola - ma non siamo stati interpellati…». Insomma, i tanto illuminati docenti che all’unanimità hanno dato lezione di accoglienza e superiorità morale al resto del Paese hanno clamorosamente sbagliato la scelta del giorno del recupero. Così gli studenti hanno perso un giorno di scuola.
Ovvio, in un anno fatto di oltre 200 giorni di lezione, non è certo uno in più o uno in meno a fare la differenza sulla preparazione degli studenti. Il punto però è un altro: è il raccontare favole alla gente, tanto per pulirsi la coscienza. Quello che resta è che gli studenti hanno perso un giorno di scuola per colpa dei loro professori troppo impegnati a trasformarsi in paladini di chissà cosa ma che, piazzando il recupero nei giorni del «sacro Ponte del 1 maggio» e dimostrando soprattutto di non conoscere o di fregarsene delle tradizioni degli italiani.
Scelgano loro tra l’ipotesi 1 o la 2, cambia poco. Hanno comunque perso la loro battaglia e la faccia.