Lateral leadership, sapete cos’è? È il modo in cui gli americani hanno concettualizzato la capacità di un leader di delegare per crescere: di riunire i colleghi del team in una vera squadra in cui, anziché un capo che comanda gestendo tutto dall’alto verso il basso, ognuno ha la propria responsabilità. Insomma, è a sua volta un leader in un certo ambito.

Fortuna? Non proprio, la lateral leadership è una competenza, che va allenata: deve allenarla il leader ma anche i componenti del team che - ammettiamolo pure - non sempre hanno voglia di essere responsabilizzati, perché può essere molto più comodo restare nella zona comfort facendo tanto quanto basta per lavorare. Anzi, considerata la tendenza al quiet quitting (letteralmente «abbandono silenzioso»), è un atteggiamento sempre più attuale.  Senza contare che, con i ritmi forsennati di lavoro a cui ormai ci siamo abituati, anche solo l’idea di dover fare persino di più potrebbe spaventare. In realtà, la lateral leadership alla lunga serve anche a questo: a razionalizzare il carico di lavoro contribuendo contemporaneamente alla crescita aziendale. Gli esperti, infatti, sono concordi sul fatto che è proprio il divario tra capo e dipendenti che fa calare produttività e crescita. Nel momento in cui, perciò, un manager si rende conto che non può e non deve fare da solo, e che le strategie devono essere frutto di un’armonia di competenze, si lavora più motivati, e meglio.

Il training del leader

Tornando al punto, come si fa ad allenare la lateral Leadership? Come ha scritto l’executive coach Robin Camarote su inc.com «Si tratta di elaborare una visione, di capire le motivazioni dei vostri colleghi, di rafforzare le relazioni e di costruire coalizioni. Si tratta di sapere qual è il passo successivo migliore per l'organizzazione e di mettere insieme il team per raggiungerlo, il tutto senza autorità di linea o mandati».

Il più difficile è proprio il primo punto, cioè costruire una visione: comunicare la necessità di cambiamento e far capire dove si vuole arrivare. Questo, per un leader, vuol dire staccarsi anzitutto anche da quel brutto retaggio culturale secondo cui il capo e deve avere dei seguaci più che dei colleghi alla pari. Wolfgang Grilz, Senior Partner di Trigon Entwicklungsberatung, agenzia di consulenza, in un bel post su LinkedIn scrive che la «la Lateral Leadership è una leadership senza potere gerarchico», e per esercitarla suggerisce di concentrarsi su tre elementi. Il primo è acquisire legittimità agli occhi dei propri superiori, dei propri sottoposti ma anche di se stessi per avere un obbiettivo chiaro e condiviso.  Il secondo è bilanciare la tensione tra fiducia e controllo perché «Se non ci fidiamo dei nostri dipendenti, non possiamo essere imprenditori. Se, come dipendenti, non ci fidiamo del nostro management, mancheremo di motivazione e impegno verso gli obiettivi a lungo termine dell’azienda». Il terzo è utilizzare le tecniche di conversazione, negoziazione e decisione. «Se i manager laterali - scrive sempre Wolfgang Grilz - vogliono avere successo, devono avere la volontà di negoziare e raggiungere il consenso con tutte le altre parti interessate. Allo stesso tempo, non devono accontentarsi di soluzioni insoddisfacenti prima del tempo e in modo permanente».

L'empatia

Vuol dire saper esercitare l’empatia: competenza imprescindibile per chi dirige una squadra per capire chi si ha davanti e quindi anche quali sono le sue aspirazioni oltre che le sue capacità. Compito di un leader laterale, infatti, è anche valorizzare competenze e creare competenze. Questo, in definitiva, significa anche assumersi ancora più responsabilità, perché saper essere un leader laterale implica fare una scommessa sulle persone, sulla loro volontà di impegnarsi a far parte di una squadra oltre che di migliorare. Non è semplice, il processo può essere lungo, ma saper coinvolgere la propria squadra vuol dire creare un bell'ambiente di lavoro. Una strategia che ripaga sempre.

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